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Ma questa manovra salva solo i privilegiati

Gli intoccabili: politici, medici, magistrati e banche

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Il cammino della manovra finanziaria è tutto in salita. Fra recriminazioni e polemiche in gran parte giuste, almeno per quel che riguarda lo «spirito» della manovra. Una manovra – lo abbiamo già rilevato più volte – sostanzialmente «punitiva» dei ceti medi e produttivi, dei percettori di reddito fisso, continuamente tartassati perché più facilmente individuabili e impossibilitati a evadere o eludere le richieste di un fisco sempre più vorace. La celebre immagine – che campeggiava nella testata del settimanale «L'uomo qualunque» del cittadino schiacciato impietosamente dalla pressa della fiscalità, impotente, è un'immagine simbolo che si potrebbe riproporre anche oggi. La protesta urlante di indignazione di quel povero Cristo nei confronti della politica e dei suoi costi oltre che della fiscalità oppressiva non ha perso di attualità. E – lo sottolineiamo per incidens – neppure l'indicazione, implicita nel messaggio, di una possibile deriva qualunquistica. Le vicende che stanno accompagnando la presentazione della manovra dimostrano che nulla è cambiato sotto il sole. La casta dei politici non è stata neppure sfiorata e il costo della politica non è stato affatto ridotto. Persino la simbolica, vergognosa e ridicola riduzione di quel finanziamento pubblico dei partiti mascherato sotto forma di rimborso elettorale ai partiti si rivela, a conti fatti, una beffa, perché i suoi miserrimi effetti si vedranno, se si vedranno, con la prossima legislatura. La casta insomma è sopravvissuta. Sono sopravvissuti privilegi che il cittadino qualunque non si sogna neppure e stipendi (in qualche caso doppi stipendi), prebende, pensioni cui non può nemmeno aspirare. Ma, soprattutto, non è stato fatto neppure un cenno di buona volontà, magari mentendo sapendo di mentire, per annunciare l'intenzione di varare a breve – non potendo essere inserita nella finanziaria – qualche incisiva riforma «strutturale» come la diminuzione del numero dei parlamentari, cioè il ridimensionamento della casta. Tuttavia, quanto sta accadendo in questi giorni, mostra che, fra i privilegiati, non esiste soltanto la casta, un concetto che rimanda, esclusivamente e per convenzione, al mondo della politica. Vi sono altre aree di privilegio affollate da un esercito di veri e propri intoccabili che la manovra finisce di fatto per ignorare. A cominciare dal mondo bancario, che troppo spesso opera con la sola preoccupazione di raccattare liquidi da mettere in cassa o utilizzare per operazioni finanziarie talora ardite senza preoccuparsi di dare un sostegno alla piccola e media industria, fino alla vera e propria giungla assicurativa che negli ultimi anni ha visto la salita dei premi a un ritmo e a livelli di gran lunga superiori a quelli degli altri paesi europei. Anche i magistrati sono intoccabili. Ed è logico, quindi, che, se nella finanziaria qualche articolo va a toccarli, essi, dal loro punto di vista, si mobilitino annunciando scioperi che finiranno per penalizzare ancora di più l'esistenza quotidiana del cittadino qualunque, soprattutto di quello alle prese con la lentezza della giustizia e, perché negarlo, con l'uso politico e, in qualche caso, il potere ricattatorio della giustizia. Si potrebbe proseguire a lungo con l'elenco degli intoccabili. Ma sarebbe un esercizio ozioso. Il dato di fatto è che la manovra (e speriamo che non sia soltanto una pre-manovra) finirà come deve finire: raccattando qualche spicciolo dalle tasche di alcuni italiani, quelli a reddito fisso e più deboli. Senza neppure preoccuparsi degli aspetti di discutibile costituzionalità di alcuni passaggi che – si sa come avviene in questo Paese – verranno rinviati al futuro. La verità è che c'è un retaggio, storico e culturale, che ha impedito ieri e impedisce oggi di affrontare il problema della finanziaria con serietà, organicità e in termini di riforme strutturali.   L'Italia è da sempre il paese delle «corporazioni», intese nella accezione più vasta come strumenti di creazione del privilegio nonché come mezzi di autodifesa nei confronti l'una dell'altra e anche nei confronti dello Stato percepito come un nemico. E le «corporazioni» sono la patria degli intoccabili. Le grandi linee di frattura che attraversano la società italiana sono il retaggio di una storia, lunga e piena di contraddizioni, che ha fatto sì che il sentimento della nazione e dell'appartenenza a una stessa comunità non abbia avuto la possibilità di decantarsi. Donde il persistere di una distanza sempre più abissale fra «paese reale» e «paese legale». Una distanza che la manovra in discussione, se non cambia, finirà per accrescere.  

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