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Al Quirino editori e autori contro il bavaglio

L'ex garante della privacy, Stefano Rodotà, durante il suo intervento alla protesta contro il ddl Intercettazioni al teatro Quirino a Roma

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 «Oggi qui difendiamo la libertà di informazione ma in realtà rischiamo di non averla proprio più, l'informazione, nel senso che non ce ne sarà». È Andrea Camilleri, il «papà» del commissario Montalbano, il primo degli autori a salire sul palco del Teatro Quirino di Roma. E anche se la platea è esaurita fino al primo ordine di galleria, non siamo a un debutto, ma al «Reading di libri sulla libertà nelle librerie italiane», manifestazione che vede per la prima volta insieme un centinaio di editori, più autori e librai, a manifestare contro il ddl sulle intercettazioni. «Questa legge per me ha due scopi: mettere il bavaglio alla stampa ma anche mettere magistrati, poliziotti e Pm nell'impossibilità di compiere intercettazioni - prosegue Camilleri -. Sul primo punto sono certo che il governo ci verrà incontro, ma sarà irremovibile sul secondo, perché è quello che può garantire ai mafiosi e ai corrotti della cricca di fregarci nel più assoluto silenzio».   Poi passa all'appello «a rifare la storia d'Italia» pronunciato da Concetto Marchesi nel '43 che appare oggi drammaticamente attuale. Proprio come il discorso di Pericle agli Ateniesi, che Paolo Rossi non riuscì a leggere in tv e che ora vibra nelle parole di Rosetta Loy. «L'Italia non sa più nulla sul mondo e sa quasi tutte cose false su quello che accade nel paese», incalza Giovanni Sartori, indicando «le colpe della sinistra che ha consentito a Berlusconi di impadronirsi di tutto il potere mediatico». Uno accanto all'altro, sul palco salgono gli editori promotori dell'appello, Marco Cassini (Minimum Fax), Giuseppe Laterza e Stefano Mauri (Mauri-Spagnol). Poi ancora Corrado Augias, Antonio Di Pascale, i giuristi Stefano Rodotà e Alessandro Pace, la giovane italo-somala Igiaba Scego («Nel mio Paese dopo la dittatura è arrivata la guerra civile: speriamo non accada anche in Italia»), Guido Krainz, Tiziano Scarpa e Marco Travaglio, che avverte: «Spero che la legge passi nella peggior versione: così sarà più facile abrogarla. Io, comunque, disobbedirò». Chi non c'era, come Dacia Maraini o Massimo Carlotto, affida ad altri le proprie riflessioni. «Imbavagliare la stampa è solo il primo passo - scrive Carlotto - Non resta che la disobbedienza civile». Chiude Gianrico Carofiglio, magistrato, scrittore ma anche senatore del Pd. «Sono qui per testimoniare la continuità tra l'opposizione in Aula e la società civile - spiega -. Quanto al bavaglio che citava Camilleri, era lo stesso programma della loggia P2. Non a caso vi erano iscritti anche esponenti del governo».  

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