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Il taglio delle Province, un bluff

Umberto Bossi

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Le Province non si toccano, parola di Silvio. Ormai più che di un giallo, è bene parlare di un vero e proprio bluff. Dopo il tormentone durato un paio di giorni all'insegna del «province sì, province no» ieri il presidente del Consiglio, a Parigi per la conferenza Ocse, ha cancellato ogni dubbio: «Nel decreto non c'è nessun accenno alle Province». Ad annunciare la cosa nella tarda mattinata era stato già Giuseppe Castiglione, presidente dell'Unione Province italiane: «Ho parlato con il presidente del Consiglio e con il sottosegretario Gianni Letta e mi hanno detto che nella manovra non ci sarà nessuna norma che riguarda le Province» aveva detto nella conferenza stampa al termine dell'Ufficio di Presidenza dell'Upi. Ma come? Che fine ha fatto il provvedimento che, se non altro, dava inizio a quel progetto di «eliminazione delle Province» che figura nel programma del 2008 dell'allora PdL, inserito addirittura nel primo di dieci punti fondamentali? Lega uno Pdl zero, diranno i più. Bossi in effetti era stato chiaro: «Ci sono alcune Province che sono intoccabili. Se mi toccano la Provincia di Bergamo dobbiamo fare la guerra civile» aveva detto, generando la corsa alla smentita di Tremonti & co. Altrettanto sicuro Marco Reguzzoni, capogruppo della Lega Nord alla Camera: «La Lega ritiene impraticabile l'abolizione di tutte le Province, poiché rappresentano un ente locale di tradizione storica che eroga servizi importanti». Sarà nuovo scontro con i finiani. E non solo. L'appello che il «Secolo d'Italia» ha fatto ieri al ministro Tremonti affinché si eliminassero tutti gli enti locali provinciali, aveva raggiunto adesioni trasversali all'interno del Pdl. Saranno poi proprio gli elettori del Cavaliere i primi delusi. C'è già chi si sfoga su «Spazio azzurro», una bacheca dedicata alle opinioni di elettori e simpatizzanti sul sito del Popolo della Libertà. «La mancata abolizione delle Province è un regalo alla Lega. Ciò non va bene. Solo con la loro abolizione ridurremmo molto il debito pubblico» scrive Corrado da Roma. Qualcuno è ancora più drastico: «Siamo al traino della Lega! Tassa albergatori a Roma e Province tagliate sotto i 220.000 abitanti e non se della Lega». Qualcuno si ricorda delle promesse fatte in campagna elettorale: «Non era nel programma che tutte le province dovevano essere abolite? Capisco che sono un serbatoio di voti ma sono un costo emorme e un doppione di burocrazia». «Verità 2010» si concede un tono duro: «Presidente non facciamo stronzate. Le Provincie vanno eliminate. Tutte». Reazioni forti anche tra i Palazzi della politica: se Andrea Ronchi, ministro per le Politiche europee da Bruxelles ha risposto al leader del Carroccio: «Non sono assolutamente d'accordo con le parole di Bossi, a me non interessa la Provincia in cui uno nasce ma la razionalizzazione delle risorse», l'Italia dei Valori approfitta del dietrofront di Berlusconi per attaccare: ««È cominciato il mercato delle vacche» ha detto Antonio Borghesi, vice capogruppo Idv alla Camera. «Quando le caste protestano - ha aggiunto - Berlusconi china la testa. La retromarcia sulle Province è solo l'inizio di quello che sarà un totale capovolgimento del testo di questa manovra». In realtà non tutto è perduto: c'è già chi sostiene che la norma che prevede l'abolizione delle Province - scomparsa dal testo della manovra, a sua volta scomparso dal sito del ministero dell'Economia - potrebbe rientrare, con nuove modalità da decidere, nel disegno di legge di riordino delle autonomie locali, che attualmente è all'esame della Commissione Affari costituzionali della Camera.

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