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Non pescate dalle tasche

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Cerchiamo di non girare intorno alle parole perché la gente sa distinguere i fatti dagli slogan, tanto più quando si tocca il portafoglio. E parliamo di gente normale, non di privilegiati; gente che in gran parte e fino a ieri ha dato fiducia a Silvio Berlusconi e alle sue promesse. Gente che quando la crisi lo ha imposto, ha saputo capire e adattarsi. Portafoglio compreso. Ora però si delinea qualcosa di diverso. E dunque torniamo all'inizio. Se gran parte delle misure, mezze annunciate e mezze smentite da Giulio Tremonti, da Renato Brunetta e dalla Lega, si tradurrà in fatti nella Manovra economica che oggi dovrebbe affacciarsi in Consiglio dei ministri, il governo non avrà più titolo per dire di «non aver messo le mani nelle tasche dei cittadini».  Né di «non aver tagliato stipendi e pensioni». Né di «aver difeso il potere d'acquisto delle famiglie». E neppure di non avere aumentato – la riduzione è ormai un miraggio – la pressione fiscale. Ancora. Non ci sarà molta differenza su alcune cose tra ciò che fecero a suo tempo Romano Prodi, Tommaso-Padoa Schioppa e perfino Vincenzo Visco, e ciò che minaccia ora il centrodestra. Vediamo. Il blocco del contratto dei dipendenti pubblici, contratto scaduto il 31 dicembre, se confermato, cos'altro è se non la smentita di quel «non ci saranno tagli nel pubblico impiego, non siamo al livello della Grecia» detto lunedì dal ministro Brunetta? Ricordiamo i fatti: per il triennio 2010-2012 il governo aveva previsto aumenti calcolati sul nuovo indice d'inflazione europea, cioè l'1,8 per cento nel 2010, il 2,2 nel 2011, l'1,9 nel 2012. Totale, 5,3 miliardi che l'esecutivo non ha. Ma cancellare (o per dirla in politichese “congelare”) un rinnovo promesso, e sul quale molte famiglie hanno già fatto conto, non equivale a un taglio? Si dirà che i nostri pubblici dipendenti guadagnano più dei privati, e le statistiche danno una retribuzione complessiva media di 33.396 euro lordi. Ma le statistiche, come la teoria del pollo, possono essere bugiarde: a quella cifra concorrono infatti tanto i magistrati (retribuzione media 126.258 euro) quanto i ministeriali (28.557 euro): una forbice di quasi 100 mila euro. Ma poi ci sono anche le «carriere prefettizie» e le «carriere diplomatiche». Siamo certi che tutta la magistratura, l'intera carriera prefettizia e diplomatica meriti simili disparità da parte dello stesso datore di lavoro? Tra l'altro al piano più basso, i ministeriali, c'è anche un sottoscala rappresentato dai dipendenti della Difesa, con 25.779 euro l'anno. Mentre al piano più alto, la magistratura, troviamo l'attico del Consiglio di Stato (retribuzione 162.841 euro) e il super-attico della Corte dei Conti (178.080 euro). Quelli insomma che fanno le bucce e le prediche a tutti gli altri. Certo, le retribuzioni sono gonfiate da indennità e automatismi: esse incidono per circa un quinto. Perché non proviamo a congelare queste? O al contrario, se (come ha ripetutamente detto Brunetta) occorre premiare il merito e l'impegno, perché non rimodulare gli stipendi base su un'inflazione magari non «europea» ma italiana, visto che se salgono i prezzi in Francia non si capisce perché dobbiamo risponderne noi? Proprio Nicolas Sarkozy ha annunciato un rinnovo dei contratti pubblici depurandolo dell'inflazione: siamo al paradosso. Ma andiamo avanti. Sempre tra le misure annunciate c'è un «contributo di solidarietà» sulle «pensioni d'oro». Già la formula fa venire le bolle, perché ricorda il famigerato fisco redistributivo di Prodi e Visco. Ma in concreto, di quali pensioni stiamo parlando? Di quelle già soggette nel 2004 (Tremonti ministro) a un prelievo del 3 per cento, e che vennero identificate in assegni superiori a 25 volte la pensione minima, cioè 13 mila euro al mese? Oppure, come si sente dire ora, di pensioni superiori a otto volte il minimo, e quindi 3.500 euro (lordi) al mese? Perché se queste ultime sono pensioni d'oro, beh, allora il Cavaliere con la storia del non mettere le mani nelle tasche dei cittadini ha scherzato. Ricordiamo che sei anni fa il centrodestra accompagnò la tassa – giustificata dall'introito di chi si andava a colpire - con una riduzione dell'Irpef di cui beneficiarono soprattutto i ceti medi. Mentre neppure Prodi e Visco ritennero la seconda categoria di pensioni talmente dorata da essere soggetta a balzello: venne infatti bloccata per un anno la rivalutazione per l'inflazione. Ma soprattutto c'è da chiedersi perché il governo non approfitti dell'«emergenza europea» per introdurre misure davvero strutturali, meritocratiche ed in grado di mettere assieme austerità e sviluppo come ha sempre predicato. E di colpire gli sprechi, come continua a promettere. Esempi? Nel pubblico impiego si sono fatti per due anni tagli lineari riducendo gli organici – soprattutto nella scuola - ma senza mai premiare il merito come era stato promesso: perché non provarci ora? Per la previdenza è sacrosanto l'intento di disboscare le pensioni d'invalidità, una misura che se attuata seriamente farebbe risparmiare 4-5 miliardi l'anno. Ma soprattutto era stata approntata una riforma, all'avanguardia in Europa, che lega automaticamente l'età di pensionamento all'invecchiamento della popolazione: formula che metterebbe il sistema definitivamente in equilibrio. Perché è finita in un cassetto? E perché non si parifica una volta per tutte l'età pensionistica di uomini e donne? Al contrario, i due provvedimenti annunciati non hanno nulla di strutturale: sono un rinvio di spese (quello sugli statali) ed un prelievo tout court quello sulle «pensioni d'oro». Oltretutto quest'ultimo combinato con il redditometro in arrivo per le famiglie avrebbe effetti devastanti: siamo passati dal quoziente familiare alla torchiatura per i viaggi all'estero. Proseguiamo.   Si vogliono colpire gli sprechi? Il Tempo ha documentato il proliferare di spese scandalose a beneficio di parlamentari e potenti di vario tipo. Quelli che hanno sì trattamenti d'oro. Vogliamo finirla con questi privilegi, come aveva del resto annunciato il leghista Calderoli, oppure in questo caso si abbaia ma non si morde? Si obietta che il risparmio sarebbe minimo: ma al guadagno in equità (ed immagine) non ci pensa nessuno? E a proposito di Lega: che fine ha fatto il taglio di consiglieri e assessori di vario tipo? Ci risulta che dopo queste elezioni siano aumentati. Ma ancora di più: l'abolizione delle province, di circoscrizioni e comunità montane a livello spiaggia (o delta del Po), era o non era nel programma del Pdl? Perché non si stabilisce che a scadenza di mandato questi organismi vengano via via soppressi? Anche quello sarebbe un bel taglio strutturale, a valere sul futuro. O forse il veto del Carroccio (e del Pd) conta più del buon senso e del bilancio in ordine? Berlusconi ha appena detto: «Gli italiani si fidano di noi». Finora è stato così: ma la fiducia non è né cieca né autolesionista, e il Cavaliere lo sa benissimo.  

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