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Napolitano incontra Obama

Il presidente Napolitano incontra in Quirinale Barack Obama prima dell'inizio del G8 de L'Aquila

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Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, incontrerà il Presidente degli Stati Uniti, Barak Obama, il 25 maggio a Washington. Ne dà notizia il Quirinale. Di rado un Presidente della Repubblica Italiana varca la soglia dello Studio Ovale più di una volta nel suo mandato. Giorgio Napolitano, grande estimatore della cultura anglosassone, vede accordarsi il privilegio. LA VISITA A WASHINGTON NEL 2007 - Il comunicato del Quirinale spiega e sottolinea che il viaggio avviene su richiesta americana. L'incontro è fissato tra otto giorni e l'annuncio arriva con un minimo anticipo, fatto anch'esso non molto usuale. Il programma completo del viaggio non è ancora stato pubblicato, ma normalmente in casi del genere dopo Washington si visita New York. E' quello che Napolitano fece due anni fa, nel dicembre del 2007. Visita ufficiale - si disse che a spingere per sancire con la trasferta l'eccellenza dei rapporti bilaterali fosse il governo italiano - con annessa permanenza alla Blair House, la residenza per gli ospiti di riguardo, prima di essere ammesso alla presenza di George W. Bush. Meno di riguardo le formalità dell'ufficio immigrazione: anche Giorgio Napolitano dovette riempire la sua brava domanda per essere ammesso sul territorio degli Stati Uniti d'America. Non importa se si è presidente della Repubblica di un paese della Nato.   IL MODELLO IN AEREO - Niente di più irremovibile della burocrazia, ed il Capo dello Stato personalmente durante il volo che lo portava Oltreoceano, dette mano alla penna stilografica e riempì, casella per casella, il modello I-94, di colore verde, denominato "Visa Waiver", diligentemente declinando nome, cognome, luogo e data di nascita. Non si sa cosa abbia scritto alla domanda successiva, vale a dire l'indirizzo esatto del luogo dove si stava recando (trattandosi della Casa Bianca, l'indirizzo è notoriamente 1600 Pennsylvania Avenue). Mai chiarito, infine, se abbia fatto o meno la coda all'immigrazione: un processo nel corso del quale ci si deve fare anche far fare una fotografia, il passaporto viene passato ai raggi X, e vengono prese le impronte digitali dell'indice destro e sinistro. BRACCIA CONSERTE CON BUSH - Il colloquio con il presidente americano vide Bush fare la voce grossa con l'Iran: "Ci deve spiegare perchè aveva un programma segreto di sviluppo delle armi". Giorgio Napolitano gli rispose con diplomazia, ma con chiarezza: "L'Italia e l'Europa vogliono assumersi le loro responsabilità per la pace e la democrazia", "non possiamo chiedere agli Usa di assumersi l'incarico di preoccuparsi della sicurezza internazionale". Insomma: non potete fare da soli come con l'Iraq. Il fatto è che la Cia, non senza imbarazzo, aveva ammesso qualche giorno prima che le accuse a Teheran di essere in possesso di armi tali da minacciare la stabilità internazionale non erano esattamente fondate, e l'Europa temeva proprio un'escalation come quella del 2003. Seduto a gambe larghe su una poltroncina di legno tappezzata di velluto azzurro e crema, Bush fece capire che lui avrebbe comunque tirato diritto. Adagiato su un'analoga poltroncina al suo fianco, il presidente italiano lasciò che a parlare per lui fosse anche la sua postura: braccia conserte per tutto il tempo. LE AFFINITÀ CON OBAMA - Diverso, diversissimo l'incontro con Barak Obama, e non solo perchè avvenne al Quirinale in una calda mattina di luglio (a Washington, con Bush, c'era stata la neve), o perchè Michelle affascinò con il suo abito giallo impreziosito da una spilla verde. Obama avrebbe dovuto trattenersi a colloquio con Napolitano per una ventina di minuti. Ci rimase per tre quarti d'ora, quasi tutti passati in poltrona a tu per tu con il Napolitano, senza l'aiuto dell'interprete. "Profonda affinità", fece trapelare soddisfatta, al termine, la parte italiana, per una volta britannicamente affezionata all'understatement.   LO SGAMBETTO DEL NEW YORK TIMES - "Il presidente Napolitano - disse invece Obama - gode di una reputazione meravigliosa e dell'ammirazione di tutto il popolo italiano, non solo per la sua carriera politica, ma anche per la sua integrità e gentilezza. Un vero leader morale". Integrità, leader morale: parole che in quei giorni qualcuno valutò con attenzione, tanto più che il giorno dopo il presidente americano era in visita dal Papa e che quelli erano i tempi della questione delle veline. Ad ogni modo quelle parole suonavano come una gradita riparazione dopo lo sberleffo riservato all'Italia dal New York Times due anni prima. Napolitano, dopo aver visto Bush, era andato a visitare la Grande Mela. Ultimo giorno: breakfast di lavoro al New York Times, nella sede nuova di zecca appena spacchettata da Renzo Piano. Con raro tempismo (o mancanza di tempismo) il giornale uscì proprio quel giorno, in prima pagina, con un'inchiesta che levava la pelle al Belpaese. Seduto di fronte al direttore, Napolitano fu messo a leggere di un'Italia "più povera e più vecchia", che dorme in economia e in politica si lascia affascinare da Beppe Grillo. "USA, FIDATEVI DELL'ITALIA" - "Un'autentica idiozia!" si lasciò scappare, poco più tardi, un indignato Napolitano. Il quale, per riparare, andò a perorare la causa nazionale all'autorevolissimo Council on Foreign Relations. "Fidatevi dell'Italia", disse ad un interlocutore che, fuori tempo massimo, parlava del modello italiano come di un "socialismo al cappuccino".  "Fidatevi", ripetè, "l'Italia ha in sè gli spiriti animali". Citazione colta: si tratta di John Maynard Keynes. Adesso che Keynes è persino tornato di moda, probabile che Napolitano ripeta l'invito alle orecchie ben disposte di Barack Obama.  

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