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Schifani diventa l'anti Fini

Renato Schifani

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Sì all'anticorruzione, avanti con le indagini sulla mafia, serve rigore economico. Renato Schifani si riscopre interventista. Il presidente del Senato parla, non sta zitto. E soprattutto sceglie di intervenire su quei temi che di recente sono diventate le bandiere della politica di Gianfranco Fini. Rispetto al presidente della Camera, il numero uno di Palazzo Madama sceglie un profilo diverso. Più legato al ruolo istituzionale e meno propenso a svolgere un ruolo all'interno del partito. Ma quello a cui si sta assistendo proprio negli ultimi giorni è un cambio di registro. Sicuramente i rapporti tra i due non sono mai stati idiliaci. Basta andare a rivedersi ciò che accadde al congresso del Pdl un anno fa quando Schifani intervenne al sabato mattina, e Fini non c'era. Fini parlò nello stesso pomeriggio e Schifani era seduto in prima fila. Non c'è dubbio che hanno due storie diverse. Uno, Gianfranco, era leader di partito; l'altro era stato capogruppo al Senato. La storia comunque li ha voluti a fianco. Uno terza carica dello Stato, l'altro seconda. E i loro destini s'incrociano. In particolare nelle ultime tre settimane, quando Schifani ha deciso di entrare nella partita con una marcatura a uomo. Subito dopo la rottura alla direzione nazionale del Pdl e il battibecco Fini-Berlusconi, il principale inquilino di palazzo Madama è stato chiaro: «Quando una maggioranza appare litigiosa al suo interno perde credibilità e mette a repentaglio la sua azione di governo e di attuazione del programma. Rischia di venire meno il patto di onore con i cittadini che l'hanno votata». Ma l'ammonimento valeva anche per il futuro: «Sarebbe sbagliato utilizzare differenze di opinioni, anche se politicamente comprensibili, per mettere a rischio la compattezza di una coalizione, confondendo così gli elettori e prefigurando eventuali nuovi scenari». Era il 22 aprile, appena qualche giorno dopo Fini fa sapere che andrà in giro per programmi televisivi a spiegare le sue ragioni, decidendo così di mettersi alla guida di una minoranza interna al Pdl. Schifani marca la differenza nel festa della Liberazione: «Oggi ho impegni familiari e nei prossimi giorni avrò impegni di carattere esclusivamente istituzionale». Esclusivamente, dunque, istituzionale. Come a dire che lui continuerà a fare solo e soltanto il presidente del Senato. Dieci giorni fa quelle che erano solo avvisaglie sfociano in una sortita bella e buona nel campo avverso. Se i finiani avevano fino a quel momento alzato la voce chiedendo di procedere con il disegno di legge anti-corruzione, Schifani prende carta e penna e scrive ai presidenti delle commissioni Affari costituzionali e Giustizia e sollecita «una definizione in tempi brevi» del testo in modo che si possa consentire «una sollecita calendarizzazione del provvedimento in assemblea». Insomma, l'ex capogruppo di Forza Italia scippa tema e argomenti ai fedelissimi del presidente della Camera e rilancia: «Desidero richiamare l'attenzione - si legge nella lettera inviata a Vizzini e Berselli - sull'importanza della normativa proposta dal provvedimento e sulle legittime aspettative dei cittadini, giustamente sensibili al tema della legalità dei comportamenti di tutti coloro i quali sono investiti di pubbliche funzioni». Dalla lotta alla corruzione alla Manovra economica che il governo si appresta a varare. E sabato spiega: «È chiaro che in un momento di crisi non si possono escludere misure di rigore. Ci saranno dei sacrifici anche se i dati del fondo monetario internazionale hanno confermato la tenuta dei conti italiani. Molti Paesi saranno chiamati ad assumere misure drastiche. Si attiveranno dei meccanismi di controllo della spesa pubblica molto rigorosi così da chiedere meno sacrifici agli italiani». E ieri un ulteriore passo. Il presidente del Senato era a piazza San Pietro per il Papa-pride. Mentre Fini ha scelto di rimarcare la sua laicità, Schifani - in un'intervista al Tg2 - ha fatto sapere che con Benedetto XVI «c'è una vicinanza che coinvolge tanti uomini politici di centrodestra e centrosinistra». Ha sottolineato poi come «piazza San Pietro è piena». Appunto. Lui c'era. E ci sarà sempre di più nel dibattito. Non interverrà su testi in esame per esempio alla Camera (mentre Fini bocciò pesantemente la legge sul testamento biologico appena varato dal Senato) ma detterà l'agenda di palazzo Madama.

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