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Nel Pd si balla. Altro giro di Walter

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L'ex segretario cita Cameron e Papandreu: «Prima hanno perso, poi vinto le elezioni»

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.Nel Pd senza identità ci vorrebbe un cambio di passo. Anzi una magia. Una missione che soltanto uno può affrontare: il mago Uolter. Così lo chiamavano quando era sindaco di Roma. Bisogna scongiurare una scissione, ricompattare tutti, dettare la linea superando la visione miope di Bersani e andare all'attacco di Berlusconi senza usare Fini come cavallo di Troia. Chi meglio di Veltroni? Sì, quello che nel 2006 nella campagna elettorale per il Campidoglio contro Alemanno, dopo un'operazione ai reni, si collegò sui maxischermi dal letto di ospedale con un pigiama grigio. Proprio lui. Quello che alle Politiche del 2008 ha portato il Pd al suo massimo storico, quasi il 34 per cento. Prima di commettere un errore fatale: non andare al congresso benché avesse in pugno la maggioranza del partito. Poi si è eclissato. Ha scritto libri, ha indagato su un paio di casi giudiziari irrisolti (riaprendoli), ha partecipato a convegni e concerti. È fatto così. Non regge la guerriglia interna al partito, i dissapori, gli eterni distinguo. Non si fa logorare. Al massimo logora. Ma di acqua ne è passata sotto i ponti. Franceschini ha avuto la sua occasione poi la «premiata» ditta D'Alema-Bersani. Lui è rimasto alla finestra. Ma adesso l'aria è cambiata. Alle ultime Europee il Pd si è fermato al 26 per cento, le Regionali meglio rimuoverle, lo scontro con i cattolici non è più gestibile, Rutelli ha fatto le valigie, altri sono andati nell'Udc, lo stesso D'Alema sembra aver lasciato Bersani ai suoi guai. Ormai per trovare una mediazione nel partito ci vogliono i caschi blu. Dunque lui, Veltroni, sembra che un pensierino ce l'abbia fatto. Sì, a ritornare come salvatore della Patria. Principio e (forse) fine del Partito democratico. Ieri a Cortona nel seminario di Area Democratica, la componente di Franceschini, ha ricevuto talmente tanti applausi che gli organizzatori hanno dovuto bloccare gli interventi per una decina di minuti. Gli volevano stringere la mano tutti. Dopo quasi un anno e mezzo dalle dimissioni, è tornato. Ha usato una frase che più chiara non si può: «Cameron ha perso le elezioni precedenti e ha vinto queste, lo stesso Papandreu...». Ovviamente ha bocciato la linea di Bersani e ha chiesto organismi (e non caminetti) dove discutere insieme. «Nessuno si preoccupi di una scissione, non potremo mai scinderci perché siamo quelli che ci credono di più, siamo quelli che il Pd l'hanno fatto nascere. Ma questo Pd deve essere quello che sappiamo: senza vocazione maggioritaria è un'altra cosa, non c'è» ha spiegato. Poi ha insistito: dopo le Regionali «il congresso bisogna vederlo in un'altra luce». «Sostanzialmente la mozione Bersani era fondata sull'alleanza con l'Udc e sul ritorno al partito con la p maiuscola». Invece, commenta, «guardiamo ai dati»: l'Udc perde quando si allea col centrosinistra. Insomma «ci vuole un partito moderno, aperto, capace di interpretare un bisogno reale». Nessuna ammucchiata anti-Silvio, dunque, «più ne parliamo peggio è. Dobbiamo pensare a noi stessi, non come partito ma come riformisti». Il mago Uolter è tornato.

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