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Silvio difende l'amico ma teme altri attacchi

Da sinistra il ministro Scajola e il premier Berlusconi

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L'ha saputo ieri mattina al telefono. Poco prima della conferenza stampa convocata dal ministro al dicastero di via Veneto. Berlusconi ha provato a chiedergli di rinviare al pomeriggio in modo da vedersi e concordare il tutto. Ma Scajola ha preferito non aspettare: «Non ce la faccio più a tollerare questo attacco mediatico. Soffro troppo». Da qui la decisione di dare le dimissioni ancora prima di incontrare il premier. Una decisione maturata dall'ex titolare dello Sviluppo economico in mattinata, dopo aver visto ancora una volta i fiumi d'inchiostro su di lui e sulla casa al Colosseo. Una storia diventata insostenibile anche per Berlusconi. E ora? Chi sarà il successore? E cosa farà Scajola? Tutte domande a cui è difficile rispondere, almeno nell'immediato. Anche se qualche indiscrezione a Palazzo già circola. L'aria tirata, l'espressione cupa, la voce commossa con cui Scajola è apparso in conferenza stampa ieri mattina non sono nulla rispetto allo stato in cui è arrivato dal presidente del Consiglio nel primo pomeriggio. Racconta chi era presente che l'ex ministro sia scoppiato a piangere quasi come un bambino e che Berlusconi lo abbia confortato da «vecchio amico». «Un ministro capace», lo ha definito ad una delegazione del Ppe. Del resto basta leggere la nota diffusa dal premier per capire i toni del faccia a faccia tra i due: «Il ministro Scajola ha assunto una decisione sofferta e dolorosa, che conferma la sua sensibilità istituzionale e il suo alto senso dello Stato, per poter dimostrare la sua totale estraneità ai fatti e fare chiarezza su quanto gli viene attribuito». Apprezzamento ribadito da parte del Cavaliere e da tutto il governo «per come ha interpretato il ruolo di ministro dello Sviluppo economico in una fase difficile e delicata che, anche grazie al suo contributo, l'Italia sta superando meglio di altri Paesi». Immediatamente dopo l'ufficializzazione delle dimissioni, nel Palazzo è scattata la caccia al successore. Girano parecchi nomi: Paolo Romani, Fabrizio Cicchitto, Mario Valducci, Guido Crosetto. Compresa l'idea di prendere un tecnico, dal mondo delle imprese. In realtà il pensiero del Cavaliere sarebbe un altro. Vale a dire tenere l'interim dello Sviluppo economico, almeno per ora, e con calma pensare ad un successore adeguato per il dicastero di via Veneto. Questo soprattutto perché, come ha spiegato lo stesso premier ad alcuni fedelissimi, ci sono troppi dossier sul tavolo più che delicati. Basti pensare al nucleare o a tutto il comparto petrolifero. Questioni troppo importanti per passarle velocemente nelle mani di qualcun altro. Troppo delicate per il governo e per tutto il Paese per fare una mossa azzardata. Ma non solo. Il timore di Berlusconi è anche che Scajola sia solo l'inizio, il primo tassello di un'altra inchiesta che sta per colpire il Pdl. Gira voce infatti di una nuova campagna giudiziaria che potrebbe portare a nuove rivelazioni e coinvolgere altri esponenti del governo. O meglio del precedente esecutivo Berlusconi. Nei giorni scorsi nell'inchiesta di Perugia sugli appalti per i Grandi Eventi era stato tirato in ballo l'ex ministro Lunardi che aveva negato ogni addebito. Il timore nel partito di via dell'Umiltà è che ci possano essere ripercussioni anche per quanto riguarda il «filone toscano» dell'indagine. Delle sorti di Scajola per ora non si parla. Si aspetta la sua difesa, per dirla con Sandro Bondi che lui possa dimostrare la sua totale estraneità. «E dopo tornerà a rivestire «responsabilità politiche». Molto probabile, secondo fonti della maggioranza, un ritorno di Scajola al partito, magari come coordinatore unico o con ruolo simile. Pensarci ora, però, è impossibile. Berlusconi chiede ai suoi di stare all'erta, fare quadrato, serrare le fila. Perché la situazione è davvero complicata.

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