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Ma a Viterbo è scontro Meroi lascia la Provincia

Meroi

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«È un mese che chiedo un intervento politico dei dirigenti regionali. Ora basta». Marcello Meroi, eletto presidente della Provincia di Viterbo al primo turno nella tornata elettorale di fine marzo, è furibondo dopo l'ennesimo, inconcludente vertice del Pdl. E annuncia una svolta clamorosa: «Domani (oggi, ndr) presento le mie dimissioni. Sono stufo di queste manfrine». È lo stesso Meroi, ex sindaco di Viterbo e deputato del Pdl, a spiegare come si è arrivati a questo punto di non ritorno: «Ho sentito delle cose assurde: assessorati a tempo, presidenze due anni a testa... Andiamo, non è così che si può governare». La situazione di stallo si è delineata fin dalla prima riunione del consiglio provinciale, quando non venne eletto il presidente designato, Piero Camilli, l'imprenditore del settore delle carni e patron del Grosseto calcio, in quota ex Forza Italia. Ma la convivenza tra Pdl e Udc si è rivelata problematica già da prima della campagna elettorale. L'alleanza con il partito di Casini, rappresentato a Viterbo da un vecchio leone della politica come Rodolfo Gigli (già presidente e assessore della Regione), è stata praticamente imposta dai vertici regionali del Pdl, con l'avallo, a dire il vero, dello stesso Meroi. Un'alleanza contrastata a lungo sul territorio dagli ex FI e malvista anche dal gruppo di uomini vicini a Gabbianelli, successore di Meroi al Comune. Che ora presentano il conto. Perché l'accordo prevedeva tre assessori all'Udc, quattro e la presidenza del consiglio al Pdl. Ma, in base a questi numeri, per gli ex An c'è un solo posto disponibile. Scusi, ma non c'erano proprio margini di manovra? «I margini a mio avviso ci sono ancora - spiega Meroi - ma bisogna che tutti si assumano le proprie responsabilità». Ovvero? «Se dobbiamo fare le cose tanto per farle, non vale nemmeno la pena cominciare. Avremmo potuto trascinare questa situazione ma non mi sembra il caso di tirare a campare». Perciò i viterbesi possono già prepararsi a tornare alle urne? «La legge prevede venti giorni di tempo prima dello scioglimento del consiglio. Se in questo tempo si riuscirà a trovare una soluzione politica bene, altrimenti meglio rivotare». E agli elettori come la spiega una simile conclusione? «Con gli elettori bisogna solo scusarsi per questa situazione inconcepibile. Senza fare demagogia spicciola, alla gente bisogna dare risposte alle necessità e ai problemi, che sono tanti. Alle persone che sono alle prese con le buche sulle strade piuttosto che con le scuole fatiscenti non gliene importa un fico secco delle manovre per un assessorato in più o in meno. Purtroppo abbiamo scritto, e personalmente non mi sottraggo, l'ennesima brutta pagina della politica. Mi auguro solo che tutti insieme si riesca a trovare il modo per un immediato riscatto».

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