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La Lega spinge sulle riforme e aspetta che torni il sereno

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L'irritazionedella Lega Nord per la crisi interna al Pdl cresce e, malgrado la consegna di «stare alla finestra» sulle questioni del Pdl, nel Carroccio con il passare dei giorni cresce l'inquietudine nel veder aumentare le distanze tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini. Nella disputa tra i due cofondatori del partito di governo, Umberto Bossi ha sostenuto il premier arrivando ad auspicare, nei giorni scorsi, «le dimissioni» del presidente della Camera e schierandosi, giovedì, ancora con Berlusconi sul caso Bocchino («Ha esagerato»). Ma il Senatur ha poi speso parole di distensione per Fini: «Mica gli faccio la guerra», ha detto sottolineando che la Terza carica dello Stato «è d'accordo» sulla necessità di «fare le riforme». Per il ministro, infine, «la vicenda di Fini si è rasserenata». Malgrado sia stato più volte annunciato un incontro, Bossi e il presidente della Camera non si sono visti di persona ma il ministro ha «dato mandato» ai suoi di parlargli. D'altronde, Bossi non ha visto neanche Berlusconi anche se ha detto che lo avrebbe «sentito al telefono per parlare di tutto». La Lega attende che si arrivi quanto prima ad una soluzione nello scontro tra i due cofondatori del Pdl, sia che si tratti di una rottura definitiva sia che il governo vada avanti fino al termine della legislatura con l'impegno di «completare il programma della coalizione» sulle riforme. Per la Lega - spiegano alcuni esponenti del Carroccio - «l'importante è andare avanti sulle riforme» ma «la pazienza non è tanta». Una apertura di fiducia nei confronti di Fini anche se c'è chi cerca «quella dichiarazione contro il federalismo che fece prima delle elezioni del '96 perchè potrebbe servirci». Nessuna voglia di andare alle elezioni (Bossi ha detto che «la Lega non le vuole») con la consapevolezza che «servirebbero più a Berlusconi che punta ad una maggioranza ampia e sicura per salire al Quirinale nel 2013». Se si andasse alle urne ora - spiegano - «dati alla mano, noi avremmo 40 senatori e 90 deputati» e «sempre che non ci venga in testa di presentarci in altre Regioni come il Lazio...».

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