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Tra i due litiganti ride Casini

Pierferdinando Casini e Silvio Berlusconi

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Ha rimesso piede in Italia ieri dopo una lunga vacanza alle Maldive. Ma la situazione politica che ha ritrovato probabilmente rischia di regalargli soddisfazioni migliori di quelle assaporate al sole dell'oceano indiano. Perché dalla rottura tra Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi potrebbe avvantaggiarsi proprio lui, il terzo incomodo, Pier Ferdinando Casini. Il leader dell'Udc da quando ha rotto con il Cavaliere alla vigilia delle elezioni del 2008 ha sempre dichiarato di voler correre da solo, di non accettare di «sciogliersi» nel Pdl. E ha tenuto fede alle sue dichiarazioni, almeno per quanto riguarda il quadro nazionale. Diverso l'atteggiamento nelle elezioni amministrative, nelle quali l'Udc si è alleata in alcune Regioni con il centrodestra e in altre con il centrosinistra. Sostanzialmente seguendo la logica della convenienza. Ma passate le elezioni regionali Berlusconi ha iniziato a cercarlo con insistenza. Provando a riportarlo nella coalizione a lui più congeniale, il centrodestra. E ora, nella ipotesi che il Pdl perda il suo cofondatore il leader dell'Udc sarebbe il candidato migliore per rimpiazzarlo nella coalizione. Perché le «lusinghe» di Berlusconi potrebbero arrivare fino a fargli balenare la possibilità di riprendere il posto di presidente della Camera. Sempre che la situazione tra Fini e Berlusconi precipiti a tal punto da far chiedere al presidente del consiglio le dimissioni dalla carica dell'ex leader di Alleanza Nazionale. Del resto, solo qualche mese fa, prima delle elezioni regionali, uno dei tanti «boatos» circolati era l'idea del Cavaliere di offrire a Casini anche un posto da ministro pur di farlo tornare nel Pdl in vista delle amministrative. Poi tra i due ex alleati era tornato un clima di freddezza, dovuto anche alla scelta dell'Udc di correre in Puglia con un proprio candidato e di non allearsi con il Pdl. Ma ora la situazione potrebbe cambiare. Certo Berlusconi dovrebbe far digerire proprio a Bossi l'ingresso di un alleato che il leader del Carroccio vede come il fumo negli occhi. Ma anche la Lega sa che oltre un certo limite non si può spingere, che il liberarsi di Fini deve essere «compensato» in qualche modo per non spostare l'asse troppo verso la Lega. Casini nella coalizione di governo servirebbe anche a «riequilibrare» i conti sia al Senato sia alla Camera nel caso che i gruppi autonomi minacciati da Fini togliessero voti alla maggioranza. I conti fatti dai finiani parlano di una cinquantina di deputati pronti a seguire il loro capo nella diaspora e circa diciotto senatori. L'Udc potrebbe egregiamente sostituirli almeno a Montecitorio, contando su 39 parlamentari. Più difficile la sostituzione a palazzo Madama dove i senatori centristi sono solo 3. Ma i numeri sbandierati dai finiani probabilmente sono un po' ottimistici e il drappello dei «duri e puri» potrebbe realisticamente ridursi alla metà. Per il momento dall'Udc tutto tace. Nessun commento ufficiale del partito. I centristi stanno alla finestra. Aspettano. «Annusando» però nell'aria la possibilità di tornare in prima fila nel centrodestra.

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