Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Se la lobby omosessuale preme su Chiesa e Stato

La manifestazione Gay a Roma

  • a
  • a
  • a

Quel satanasso di Montanelli aveva risolto la questione in una riga: «Omosessuale. Persona alle cui spalle avviene sempre qualcosa». Il doppio senso del feroce Cilindro nascondeva una scomoda verità sociale: quella che attiene al politically correct.   Materia scivolosissima, quando sono presi in mezzo i diritti e i doveri dei gay. Ne sanno qualcosa anche a sinistra, dove nel 2007 fecero una fatica bestiale a tirarsi fuori dal pantano dove - incautamente - li aveva infilati Rosy Bindi. Che davanti a una platea perplessa sentenziò: «È meglio che un bambino resti in Africa piuttosto che sia adottato da una coppia omosessuale». Scalfari trascinò il truppone di "Repubblica" nell'indignazione, la pasionaria precisò, la polemica evaporò. Ma Rosy dovrà stare attenta, da qui al prossimo triennio, se veramente vorrà candidarsi alla leadership del Pd: il suo rivale più accreditato resta Nichi Vendola, e tra i due la spaccatura (honni soit...) non potrà che riconfermarsi netta. In queste ore, la lobby omosessuale sembra dettare l'agenda italiana e internazionale: e fatalmente occorre tenerne conto, sia in politica che nelle scelte di coscienza, perché quello che nel Cinquecento definivano "vitio nefando" e che oggi l'Oms certifica essere una "variante naturale del comportamento umano" mette sotto scacco ogni contrapposizione manichea, confonde i benpensanti, inverte il pensiero di progressisti e moderati, e impone una strisciante trasversalità. La tamponata strategica di Bocchino ai celoduristi del Carroccio ("meglio un premier gay che leghista") chiude comunque un percorso di riavvicinamento degli ex An alle istanze di quanti venivano considerati "diversi". Poco più di un decennio fa Fini (che oggi riceve serenamente le delegazioni del movimento gaylesbo) opinava che un maestro elementare non potesse essere omosessuale, mentre Storace, sollecitato a «dire qualcosa di destra», urlava: «A frociiiii!». A proposito: di presidenti del Consiglio "velatamente" dediti ad amori con altri uomini ne abbiamo già avuti due o tre, e tutti di altissimo profilo istituzionale. Poi, la Consulta. Anche lì il Pd si era capottato: la contrarietà pubblica di Bersani aveva causato l'insurrezione di mezzo partito. E lo stesso rigetto della Corte del ricorso sui matrimoni gay può essere letto indifferentemente come salomonico o pilatesco. Certo è che ora le Camere, dopo essersi baloccate con mille siglette cautelative (dai Pacs ai Dico fino ai musicalissimi Didorè-"diritti e doveri di reciprocità dei conviventi"), dovranno trovare una soluzione accettabile e condivisa, perché le coppie di fatto sono prevalentemente eterosessuali. In Europa certe forme di «partenariato civile» sono quasi ovunque regolate per legge, a prescindere dalla sessualità dei partner. Anche nella cattolicissima Spagna, per dire. Giustamente, la Chiesa fa la sua parte con rigore a difesa dei propri valori e del proprio ruolo, in un momento in cui è sottoposta allo stress di attacchi concentrici - quanto strumentali - sul versante della pedofilia. Ma non è parsa felicissima la sortita del cardinal Bertone sul legame tra omosessualità e gli abusi sui bambini. Il pressing diretto della Francia - che attraverso il Ministero degli Esteri ha criticato senza appello la dichiarazione del porporato - ha indotto il Vaticano a una controreplica piuttosto articolata: «non siamo competenti nelle valutazioni mediche, i dati ai quali si riferiva il segretario di Stato riguardavano solo l'universo statisticamente molto limitato degli abusi commessi da religiosi cattolici». Detto questo, se la Santa Sede è monitorata con tanta pertinacia dalle lobby gay, gioverà ricordare come in altre confessioni non vi sia maggior apertura sul tema. Se purtroppo in molti Paesi islamici l'omosessualità prevede l'abominio della pena di morte, anche il popolarissimo leader spirituale dei buddisti, il Dalai Lama, ha sempre ribadito il suo no assoluto all'"uranismo", salvo poi tollerare certe cadute dei suoi monaci, in teoria votati alla castità totale. Insomma, non se ne esce: ma ben vengano le rivendicazioni delle comunità gay. Purché non indulgano al vittimismo, come accade in alcuni settori dove si dicono discriminati, e invece comandano: in primis in tv e nello show business. Ogni tanto qualcuno si dichiara (l'ha fatto giorni fa la popstar Ricky Martin) e la carriera va avanti senza contraccolpi. Servirebbe più serenità, sulla questione. Come diceva Charles Bukowski: «Tutti hanno paura d'essere culi, e questa storia m'ha un po' stufato. Sarebbe meglio se diventassimo tutti culi e ci mettessimo tutti buoni». Forse. Magari anche no.

Dai blog