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Centristi in caduta

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Icattolici hanno abbandonato lo scudo crociato. Un graduale addio che, elezione dopo elezione, sta relegando il simbolo storico della Democrazia Cristiana ai margini della politica. Uno scenario che continua a colpire tutti coloro che vorrebbero legare il voto cattolico al proprio partito. Una strategia fallimentare che, dopo aver ridotto a percentuali microscopiche tutti quei partitini nati dalla diaspora democristiana, sta facendo perdere sempre più consensi anche ai centristi dell'Udc. Un'analisi che trova conferma dalle elezioni regionali nel Lazio dove il partito di Pier Ferdinando Casini ha conquistato il 6,12% delle preferenze. Sembrerebbe una vittoria, almeno a fronte della media nazionale che si attesta al 5,8%, ma, analizzando i risultati nella provincia di Roma, si scopre che le cose non sono andate così e che i supporter di Pierferdy hanno qualcosa di cui preoccuparsi. Intanto le condizioni per ottenere un ottimo risultato c'erano tutte. Il Pdl, che ha sempre cercato di attirare a sé l'elettorato centrista, è stato escluso dalla competizione laziale per non essere riuscito a presentare in tempo la lista dei candidati. Un vero colpo di fortuna per Casini che in questo caso sperava di riprendersi tutta quella fascia di elettorato moderato che, non potendo votare il partito di Berlusconi, avrebbe optato per l'Udc. Speranze rimaste disattese. I centristi nella provincia di Roma sono riusciti a conquistare solamente il 4,94% dei consensi. Una defezione che è andata a vantaggio dei candidati della lista civica di Renata Polverini che, se a livello regionale si è attestata al 26,36%, a Roma e provincia ha raggiunto quota 34,55%. Ma il fallimento dell'Udc diventa ancora più sonoro se lo si paragona al risultato ottenuto da La Destra di Francesco Storace, che, a differenza di Casini, è riuscito ad approfittare, almeno in parte, delle disgrazie del Pdl tanto da prendere, a Roma e provincia, mezzo punto in più rispetto alla sua media regionale. Ma anche guardando i risultati nell'insieme delle tredici Regioni chiamate al voto, l'Udc avrà di che riflettere. In alcune, si è alleato col centrosinistra, in altre col centrodestra, ed è andato da solo in quelle dove appoggiare l'uno o l'altro non avrebbe modificato in alcun modo l'esito. Il risultato di questa strategia, attentamente analizzato da una ricerca condotta dall'Istituto Cattaneo, ha certificato che l'Udc, a fronte di una perdita complessiva rispetto al 2005 di quasi 227 mila voti, oltre ad aver perso consensi quasi ovunque, risulta essere stato particolarmente penalizzato laddove si è alleato con il centrosinistra. Fa eccezione soltanto la Liguria dove sosteneva il candidato Claudio Burlando. Logicamente di tutt'altro avviso è Casini che, commentando il risultato uscito dalle urne, non ha mostrato alcun segno di sconforto: «I dati e i fatti dicono che abbiamo messo a segno il risultato in sei regioni su sette nelle quali avevamo scelto i candidati migliori». Subito dopo però, forse consapevole di aver perso più di 200 mila elettori, ha cercato di giustificarsi: «Un elettore su tre non è andato a votare» e, come sempre più spesso accade, ha affondato il bipolarismo spiegando che «solo il 50% dei voti espressi va a Pdl e Pd e le estreme si rafforzano, la Lega da un lato e Grillo dall'altro. Ora, non è un problema nostro, è un problema, credo, della democrazia italiana». Riguarderà pure la democrazia, ma appare lampante che il vero problema di Casini è capire dove sono finiti i suoi elettori, perché ormai un dato è certo: i cattolici non votano più lo scudo crociato.

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