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Silvio scuote il Pdl sulle riforme

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Avanti tutta con le riforme. Senza più alcuna esitazione. Giustizia, fisco, intercettazioni. Berlusconi parte proprio da qui. E non solo. La prossima settimana si svolgerà l'ufficio di presidenza del Pdl, sede in cui si deciderà per l'appunto il calendario delle riforme. Poi, il vertice a tre, Berlusconi-Bossi-Fini per concertare i passi da compiere: stavolta ne dovrà emergere una strategia sicura da ratificare, a quanto sembra, negli organismi dei due partiti. Bisogna innanzitutto decidere da quali riforme cominciare. Perché, il premier spinge sulla giustizia, mentre la Lega vuole il completamento della riforma federale e il federalismo fiscale. Sarà anche l'occasione per parlare di ritocchi alla squadra di palazzo Chigi (resta sempre il nodo Galan e la questione del successore leghista di Luca Zaia alla guida del ministero per le Politiche agricole), oltre che di spianare (magari) il percorso tra Silvio e Gianfranco. In arrivo forse anche nuovi sottosegretari: a beneficiarne dovrebbero essere i ministri Gelmini, Bondi e Frattini. Un'altra giornata chiuso a lavorare a Palazzo Grazioli: riunioni, telefonate, pranzi di lavoro, incontri. Quello più importante, nel primo pomeriggio, con lo stato maggiore di via dell'Umiltà: Ignazio La Russa, i capigruppo Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto. Poco prima era arrivato Gaetano Quagliariello (ma non il finiano Italo Bocchino, un caso?). Nella residenza romana del presidente del Consiglio anche il Guardasigilli Angelino Alfano, i sottosegretari Gianni Letta, Paolo Bonaiuti e Niccolò Ghedini, avvocato del premier. Sul tavolo, ovviamente la questione riforme. Un mini vertice dove, secondo quanto raccontato da alcuni partecipanti, il premier ha insistito molto sulla necessità di rispettare il mandato conferito dagli elettori attraverso il voto delle regionali. Un mandato, ha sottolineato il Cavaliere, che impone al centrodestra di realizzare le riforme promesse entro la fine della legislatura. Basta con i tentennamenti, quindi, «altrimenti tradiremmo il mandato degli elettori», avrebbe detto il premier. Forte del patto per le riforme con la Lega, il Cavaliere punta alla massima compattezza nel Pdl. A questo scopo ha accettato di buon grado il suggerimento (che sarebbe venuto dal coordinatore del partito, Denis Verdini) di convocare per la prossima settimana i massimi organismi del partito (ufficio di presidenza, consiglio e direzione nazionale) per discutere proprio delle riforme e ottenere così un via libera (anche implicito nel caso non si dovesse arrivare ad un voto) che metta a tacere eventuali distinguo interni. Agenda alla mano, qualche data è stata già ipotizzata. L'imperativo categorico, dunque, è accelerare. Le priorità non cambiano: riforma costituzionale (con rafforzamento del potere esecutivo attraverso il presidenzialismo o il premierato secondo le preferenze degli elettori); riordino del sistema- giustizia, «per mettere fine al connubio tra accusa e giudizio e cancellare l'abuso delle intercettazioni e dello spionaggio della vita privata»; completare la riforma federale e il federalismo fiscale (cavalli di battaglia della Lega) nel quadro di una più generale riforma tributaria per abbassarne la pressione. Punto di partenza? La Giustizia, sul tavolo forse al primo Consiglio dei ministri dopo Pasqua. Nulla di confermato, ma il nodo delle priorità sulle riforme sembra proprio essere questo. Durante il mini-vertice con i colonnelli Pdl si sarebbe parlato anche della vicenda Fitto. Alla fine il premier ha deciso di non limitarsi a respingere le dimissioni presentate dal ministro per gli Affari regionali dopo la sconfitta pugliese. La questione sarà esaminata dal Consiglio dei ministri di questa mattina che probabilmente finirà per sancire un rifiuto (fortemente caldeggiato dagli ex An). LA decisione definitiva verrà comunque presa durante l'ufficio di presidenza del Pdl. L'intenzione del premier di andare avanti con la realizzazione del programma di governo non sarebbe stata troppo intaccata dalla notizia del rinvio del ddl lavoro da parte di Napolitano. Certo il premier se lo sarebbe volentieri evitato, ma in questa fase non vuole alimentare scontri con il Colle soprattutto perché da palazzo Grazioli lasciano trapelare un certo ottimismo sulla firma del capo dello Stato su un provvedimento a cui Berlusconi tiene molto di più: il legittimo impedimento. Ecco perché, l'input diretto del Cavaliere è stato: non è questo il momento di alzare polveroni con il Colle. Quindi, niente polemiche, toni bassi e avanti con le modifiche richieste. Giancarla Rondinelli

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