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Fuoco amico su Bersani dopo il voto Lettera di 49 senatori: cambiare passo

Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani

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L'iniziativa è partita da Gian Piero Scanu, ma ha raccolto l'adesione di quasi la metà dei componenti del gruppo Pd al Senato. Con una lettera al segretario Pier Luigi Bersani, 49 senatori di tutte le aree del partito hanno chiesto un colpo di reni e maggiore generosità. LA RICHIESTA D'INCONTRO - "Caro segretario, il passaggio elettorale di questi giorni ci consegna molteplici spunti di riflessione, che non mancheranno di essere approfonditi nelle settimane che verranno", si apre la missiva diffusa alla stampa. "A nostro avviso ci troviamo di fronte a un momento della vita del nostro Paese rispetto al quale s'impongono, da parte di tutti noi, una maggiore generosità nell'impegno, una più partecipata attività politica e una nuova consapevolezza riguardo l'effettiva portata dell'emergenza democratica in cui viviamo", hanno sottolineato.  Per i senatori, "il lavoro ordinario non basta più. I ritmi ortodossi sono troppo lenti. Le liturgie della casa sono stantie. I cartellini da timbrare sono sempre più falsati". "CI STIAMO IMBORGHESENDO" - "L'imborghesimento ci tenta in continuazione", hanno ammesso, "bisogna cambiare passo". Per questo, "ti poniamo l'esigenza di incontrarci subito per riflettere insieme. Per trovare, dopo una leale discussione, la giusta strada". "Non intendiamo - scrivono ancora - farci consumare addosso i prossimi tre anni della legislatura". E ora, si chiude la lettera, "aspettiamo con fiducia una tua puntuale risposta, convinti che non trascurerai, nè sottovaluterai, il valore e il significato delle nostre riflessioni e dei nostri propositi". Seguono le 49 firme, tra le altre quelle di Giuseppe Lumia, Vincenzo Vita, Achille Serra, Silvio Sircana, Mariapia Garavaglia, Tiziano Treu e Ignazio Marino. MARINO: CI HA DETTO CHE VA TUTTO BENE... -  Quest'ultimo, sconfitto alle primarie dallo stesso Bersani, è stato particolarmente pungente nel commentare le dichiaraziioni del segretario. "Dimettersi Bersani? E perchè mai? Il Pd non ha mica perso. Ce l'ha detto proprio lui ieri al coordinamento politico nazionale",  ha commentato con ironia a "Un giorno da pecora" su Radiodue. "Siamo stati - riferisce Marino - fino alle 2 di notte. C'erano il vino Cerasuolo, dolcetti, tramezzini e acqua minerale. Bersani ha detto che il Pd avanza e il partito di Berlusconi arretra". Il leader ha detto, conclude Marino, "che il Pd ha consolidato la sua posizione. Stupendo: ci siamo consolidati perdendo circa un milione di voti". GRILLO ATTACCA MA EMMA LO DIFENDE - Non solo "fuoco amico" per Bersani all'indomani dello stop elettorale. Beppe Grillo, le cui liste sono state indicate da molti come l'ago della bilancia che fatto predere il Piemonte ai democratici, è tornato all'attacco. "Dovrebbero andare a casa tutti, non solo Bersani. Anche D'Alema, Fassino... sono trent'anni che sono lì", ha commentato il comico su Affaritaliani. "Che se ne vadano a lavorare...", ha chiosato Grillo. Spezza una lancia in favore di Bersani Emma Bonino, sconfitta da Renata Polverini nella corsa alla Regione Lazio, ma non risparmia critiche al partito. "Che ci fossero parti del Pd che non erano soddisfatte della mia candidatura era noto e non lo hanno mai nascosto. Evidentemente chi non lo era non si è speso molto", ha detto in una conferenza stampa. "L'impegno del gruppo Bersani è stato comunque deciso e generoso. Altri - ha aggiunto - non hanno fatto lo stesso". DI PIETRO: SERVE UN LEADER SUBITO - Per quanto riguarda la coalizione è deciso a voltare pagina Antonio Di Pietro. Il leader dell'Italia dei Valori avanza una proposta: il candidato premier del 2013 del centrosinistra va individuato "entro la fine dell'anno" e dovrà essere cercato fuori dalla rosa degli attuali leader. Pier Luigi Bersani compreso. "Sennò va finire come per il Lazio che ci siamo svegliati una mattina e ci siamo presi quelli che c'era, perchè non c'era altro", commenta Di Pietro. Che mette da parte anche sè stesso: "Io posso essere il centravanti di sfondamento che spinge la coalizione a mettersi al lavoro subito. Io sono un soldato a disposizione della coalizione, non il generale".  

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