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Presidenzialismo, diamo vita al desiderio di tutti gli italiani

Un partecipante alla manifestazione di sabato del Pdl

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{{IMG_SX}}Mi colpì la scritta su un manifesto. Diceva: «Abbiamo la nostalgia dell'avvenire». Mi sembrò una sgrammaticatura concettuale. L'avrei poi chiamata "ossimoro". Si trattava, invece, di fantasia politica ma a diciassette anni faticavo a capire. In quel richiamo all'avvenire c'erano tante cose che nessun partito politico "costituzionale" era disposto ad accettare. Di sicuro non c'era la retorica dei reduci, argomento con cui gli avversari liquidavano il Movimento sociale italiano nella cui sezione, affollata, colorata e chiassosa al centro del mio paesello, realizzai la mia adolescenziale passione costruendola anche su quella "nostalgia dell'avvenire" che racchiudeva soprattutto uno stato d'animo, un sentimento della vita, un progetto politico. Mi colpì al punto da accompagnarmi nel viaggio che allora intrapresi e non ho ancora terminato; a dirla tutta ha ispirato articoli, saggi, discorsi e naturalmente il mio impegno intellettuale ed istituzionale. L'elezione da parte dei cittadini del presidente della Repubblica, che era il cuore del bizzarro slogan, mi sedusse come un canto rivoluzionario. Chi ne parlava all'epoca veniva considerato un sovversivo o un sognatore: mi vantavo di essere l'uno e l'altro. Mi piaceva immaginare che un popolo scegliesse liberamente e democraticamente la guida, ne rappresentasse l'unità e nella sua figura assommasse gli ideali ed i valori di un'intera nazione, al di là delle appartenenze, dei partiti, delle fazioni. Ingenuo? Avevo meno di diciassette anni e divoravo autori anarchici e nichilisti, tradizionalisti e conservatori: nelle contraddizioni cercavo una strada. Ne imboccai finalmente una, e non me ne sono mai pentito. Su quella strada mi si è precisato il presidenzialismo quale soluzione politica alla frammentazione ed alla disgregazione sociale, ho capito finalmente che la "nostalgia dell'avvenire" era pura poesia che avvolgeva la ruvida politologia. Gli incontri sono stati tanti. Da Carlo Costamagna a Giorgio Almirante. Ma guarda un po' tu che deve accaderti quando tutto congiura contro la parte che hai scelto: t'imbatti in chi non avresti mai immaginato, da Pacciardi a Craxi, da Segni a Miglio, e scopri che perfino alla Costituente uomini di grande valore e coraggio, come Valiani e Calamandrei, si batterono affinché la nostra Repubblica fosse presidenziale, con quelle stesse motivazioni che i "reprobi" avrebbero sostenuto dopo il varo della Carta. Il presidenzialismo, di tanto in tanto, riemerge nel dibattito politico-culturale. Quasi sempre per demonizzarlo. Ma è curioso che quando lo si racconta, o soltanto lo si accenna, gli applausi dei semplici non finiscono più. Come è accaduto ieri l'altro a San Giovanni nel pur fugace riferimento che ne ha fatto Berlusconi. E allora, perché non lo si riprende nell'ambito della discussione sulla Grande Riforma? Non è roba da estremisti del decisionismo, sia chiaro. Ci si arrivò ad un passo con la Bicamerale presieduta da D'Alema nel 1998. E De Gaulle aveva spianato la strada negli Cinquanta a questa idea che evitò alla Francia una drammatica crisi civile. Dovunque vige il presidenzialismo, la politica è migliore: se ne facciano una ragione gli apologeti della guerra infinita tra borgognoni ed armagnacchi, come diceva Valéry. E la destra, per quanto disarmata ideologicamente, mostri che la sola idea politica che è stata originalmente "sua" può vincere come da tempo attestano sondaggi di opinione e studi seri di sociologi della politica. Credo che la ripresa del presidenzialismo, declinato nelle forme più consone alle nostre esigenze, sia nell'ordine delle cose. E non mi stupisco affatto che quel ragazzo invecchiato senza rinnegare la "nostalgia dell'avvenire", continui a crederci nonostante la sua parte se ne sia un po' dimenticata. La Repubblica presidenziale è, in fondo, niente di più che la Repubblica degli italiani i quali se la meritano dopo aver sperimentato le conseguenze del declino provocato da quella dei partiti e delle oligarchie. In tre anni si può fare. Basta volerlo.

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