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Silvio all'attacco sui giudici: "Solo a Bari c'è un pm vero"

Silvio Berlusconi

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Il menù ormai è fisso. Assolve il partito per il caos delle liste, lancia il suo affondo alla sinistra per i continui insulti diretti alla sua persona, accusa la magistratura «di fare politica» tentando quindi di condizionare il voto. Ma non tutti. Quello che ha disposto l'arresto di Sandro Frisullo in Puglia per Berlusconi è un pm giusto, «non di destra». Semplicemente, «un magistrato vero». Nei suoi discorsi è ancora l'inchiesta di Trani a tenere banco: ne parla con rabbia e amarezza. Anche perché, ammette, ha catalizzato negli ultimi giorni di campagna elettorale l'attenzione degli italiani, «mentre si dovrebbe parlare dei programmi». A differenza del giorno prima a Napoli il presidente del Consiglio è in vena di parlare: snocciola quanto fatto dal governo, compreso le prossime mosse (a cominciare dalle riforme in cantiere), annuncia la presentazione di un opuscolo per i giovani. E, addirittura, anticipa il suo epitaffio: «Fu un uomo buono, giusto, dolce e forte. Ecco io mi ci riconosco completamente». Una giornata lunga e carica di lavoro, in cui il premier parla a più riprese. Comincia la mattina presto incontrando Vittorio Sgarbi, sulla questione "possibile rinvio del voto nel Lazio", prosegue con il Consiglio dei ministri, nel pomeriggio la presentazione del suo libro "L'Amore vince sempre sull'invidia e sull'odio", una raccolta di messaggi dopo l'aggressione in piazza Duomo. Tra una cosa e l'altra, appuntamenti, telefonate, un sopralluogo in piazza San Giovanni (quella della manifestazione di oggi pomeriggio), interviste, più l'organizzazione della sua agenda per i prossimi giorni. In mattinata parla di giustizia, dei processi in tv, dell'inchiesta di Trani sulle presunte pressioni per chiudere Annozero, di quella sugli appalti per il G8 e la crisi. Un intervento a tutto campo quello del premier al termine del Consiglio dei ministri che ha approvato il decreto incentivi. Parla anche di Santoro e del caso Agcom, argomenti che lo inducono a lanciare un nuovo allarme sullo stato della giustizia, responsabile a suo avviso di «mettere in pericolo la democrazia». «Nell'Autorità per le comunicazioni non vince il buon senso, ma l'appartenenza politica: esattamente come nei nostri tribunali in cui non si esaminano più meriti o demeriti di qualcuno, ma si danno dei giudizi in base all'appartenenza politica dei giudici e ciò che conviene alla sinistra politicizzata della magistratura» ha spiegato il Cavaliere, annunciando, come ha già fatto in altre occasioni, che il governo si occuperà nei prossimi tre anni di «una grande e radicale riforma della giustizia». Rimanendo sempre in tema Santoro, il premier torna a difendere il contenuto delle sue telefonate, tutte nessuna esclusa. «Era mio dovere da cittadino e da premier rivolgermi all'Agcom per ottenere che non si compissero più certi abusi in una trasmissione del servizio pubblico: i processi in tv è una ignominia che non si può tollerare in un Paese civile». Poi, in serata, nella sala del Tempio di Adriano, il Cavaliere ha riferito che anche il presidente dell'authority, Calabrò, era d'accordo con lui. «Mi ha detto che è indegno che bisognerebbe intervenire ma "non ho la maggioranza" a causa dell'"uomo dell'Udc" che si muove solo se riceve l'ordine da Casini». E a proposito dei centristi ha poi puntualizzato: «Io ero contrario a fare un accordo con l'Udc perché ritengo che sia il peggio del peggio della vecchia politica della convenienza». Altro affondo. Il messaggio che lancia prima di chiudere la presentazione del suo libro, è mirato a scongiurare il rischio astensionismo dalle urne. Per fare questo, spiega che un buon risultato alle elezioni regionali consentirebbe al governo di avere un «mandato pieno» e la possibilità di aprire la stagione delle riforme costituzionali a partire dall'«elezione diretta del Presidente della Repubblica». A buon intenditor... La raccolta dei messaggi di solidarietà contenuti nel libro offrono poi lo spunto al Cavaliere per tornare a parlare di quella giornata: «Sono contento perché se l'oggetto lanciato contro di me non fosse finito sulla guancia avrei passato il Natale sotto terra». E la causa del gesto, a detta dello stesso capo del governo, non è difficile da trovare: «Quando dicono che sei peggio di Nerone, di Saddam Hussein, di Hitler - osserva - non ti puoi meravigliare se qualche mente labile pensa di diventare un eroe e di fare del bene cercando di far fuori quella persona». Per tutti, dunque, l'appuntamento è per oggi pomeriggio in piazza San Giovanni: il premier presenterà il programma firmato da tutti i 13 candidati. Riduzione delle liste d'attesa in sanità, riduzione delle tasse familiari, avvio del piano casa in tutte le Regioni. E poi, più verde. Cento milioni di nuovi alberi nel nostro Paese. Nè uno di più nè uno di meno. La promessa: «Ogni candidato si impegnerà a fare la sua parte e tutti quanti insieme pianteremo 100 milioni di alberi».

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