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Le visioni di Tonino: "Berlusconi mi teme"

Antonio Di Pietro al congresso dell'Idv

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Il giorno dopo la manifestazione Antonio Di Pietro è ancora più spavaldo. E sempre più convinto che tra un Pd titubante e ancora alla ricerca della sua strada riformista e una sinistra lacerata e senza voce in Parlamento, tocchi a lui imbracciare la bandiera della leadership dell'opposizione. Ieri lo ha fatto capire chiaramente commentando, a modo suo, la notizia delle intercettazioni di Berlusconi nell'ambito dell'inchiesta di Trani: «Emerge un quadro allarmante, un attentato politico alla democrazia grosso come una casa. È comprensibile che Berlusconi mi tema, vede in me una spina nel fianco». In realtà il leader dell'Italia dei Valori (che ieri sera durante un comizio a Verbania ha avuto un lieve malore ed è stato accompagnato in ospedale) più che dar fastidio al presidente del Consiglio è la spina nel fianco di Pierluigi Bersani. Il segretario del Pd, lungi dal «rompere» ogni rapporto con Di Pietro come più volte gli aveva chiesto una parte del partito, è costretto ad arrancare e ad inseguire l'ex pm sulla strada dell'opposizione al centrodestra. E la manifestazione di sabato ne è stata la dimostrazione. Il partito Democratico è stato infatti costretto a «cavalcare» l'onda emotiva sollevata dall'Italia dei Valori e dal Popolo Viola e a scendere in piazza contro il presidente del Consiglio. Anche a costo di incassare il no a partecipare da parte dell'area degli ex popolari che fanno capo a Giuseppe Fioroni e a Franco Marini. Anche con il «terrore» che la manifestazione si trasformasse in un attacco al presidente della Repubblica. Che in questo momento il Pd deve invece difendere ad ogni costo proprio dalle «pallottole» di Antonio Di Pietro. «Attaccare Napolitano è un errore politico e strategico – spiega un deputato del Pd – è l'unico baluardo istituzionale che ci resta contro Berlusconi. Se per un qualsiasi motivo dovesse lasciare il Quirinale ci ritroviamo un presidente della Repubblica nominato dalla maggioranza di Berlusconi. E di conseguenza anche i giudici della Corte Costituzionale. Sarebbe un disastro». Antonio Di Pietro, però, ha capito che il Quirinale è un tema «scivoloso» e sabato ha evitato di attaccarlo. Anche se a piazza del Popolo sono apparsi striscioni contro Giorgio Napolitano. Ma Tonino in questo modo ha incassato anche i complimenti di Massimo D'Alema, uno che quando dice qualcosa non lo fa mai per caso. Ieri pomeriggio, a Bari, nel corso di un incontro pubblico con Nichi Vendola (l'altra nuova icona della sinistra) ha commentato così: «Conosco di Pietro da tantissimi anni, l'ho conosciuto in diversi momenti della vita politica. Nel governo del Paese è una persona molto più ragionevole del Di Pietro che fa comizi sul palco. E poi si è visto che persino facendo i comizi, parlandoci prima, può essere ragionevole». Così, sabato pomeriggio, il leader dell'Idv è passato oltre le accuse a Napolitano. Gli è bastato aver portato tutto il centrosinistra sul terreno a lui più congeniale, quello dell'attacco a Berlusconi. Quel terreno che Pierluigi Bersani, quando è stato eletto segretario del Partito Democratico aveva assicurato di voler evitare. Anzi, aveva parlato di dialogo con il centrodestra per imboccare la strada delle riforme. Invece il confronto si è «incattivito» giorno dopo giorno e anche il nuovo segretario è tornato all'unico tema che tiene unito il Pd e il centrosinistra, l'attacco al premier. Ma in questo campo Antonio Di Pietro è molto più bravo. E gli applausi ricevuti sabato a piazza del Popolo ne sono stati la prova. Il leader dell'Italia dei Valori è stato acclamato a ogni passaggio su Berlusconi. E il «tribuno» non si è fatto certo pregare: ha rispolverato le accuse di piduismo, di dittatura, di attacco alla democrazia e alla costituzione. Risultando un trascinatore assai più di Bersani.

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