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Di Girolamo, prima notte in cella

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Nicola Di Girolamo nell'aula del Senato

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L'ultima giornata da uomo libero si è conclusa nel tardo pomeriggio di ieri quando l'ex parlamentare Nicola Di Girolamo, dopo aver concordato con i magistrati le modalità della sua costituzione e aver trascorso un po' di tempo in compagnia dei propri familiari, si è costituito in una struttura delle forze dell'ordine nel quartiere Parioli. E così, in un solo giorno, l'uomo è passato dall'onore di potersi fregiare del titolo di senatore, all'umiliazione di vedere chiudersi dietro di se le sbarre del carcere di Rebibbia. Tutto in meno di dodici ore se si pensa infatti che era da poco passato mezzogiorno quando il primo inquilino di Palazzo Madama, Roberto Schifani, aveva comunicato all'Assemblea che con 259 voti favorevoli, 16 contrari e 12 astenuti, il Senato accoglieva le dimissioni del senatore Nicola Di Girolamo. E in quel momento l'atmosfera in Aula diventava quasi irreale. Nessun applauso, nessuna protesta, solo silenzio. Le urla, le accuse e gli attacchi che i senatori si erano gettati addosso per tutta la mattinata, erano diventati un lontano ricordo. E anche quell'applauso che il Pdl aveva riservato a Di Girolamo dopo il suo discorso sembrava lontanissimo. Distante il gesto ma non le ripercussioni tanto che, per tutta la giornata, aveva suscitato la protesta dell'opposizione. Ma andiamo con ordine. Erano le nove e mezza di ieri mattina quando Di Girolamo prendendo la parola in Aula rilascia il suo ultimo discorso da senatore. Un'occasione per difendersi davanti agli attacchi mediatici di questi giorni («La mia non è una storia criminale. Non ho portato in quest'Aula l'indegnità della mafia e della 'ndrangheta. Mi dimetto per allontanare da me e dalla Camera alta questa ignominia»). Parole che toccano i cuori dei senatori del centrodestra che gli battono le mani senza immaginare che quell'applauso avrebbe aperto una dura polemica con l'opposizione. E così sarà, tanto che, mentre la presidente dei senatori del Pd definisce il gesto «inimmaginabile», quello dell'Idv, Felice Belisario, rincara la dose: «La maggioranza fa passare Di Girolamo come un eroe per il solo fatto che si è dimesso». Ma nemmeno il voto sulle dimissioni del senatore riesce a placare la voglia giustizialista dell'opposizione che, immediatamente torna a puntare i piedi e a chiedere che si discutano le mozioni sulla decadenza di Di Girolamo che prevedono anche l'annullamento dell'ordine del giorno De Gregorio, che nel gennaio 2009 stabilì la sospensione della procedura parlamentare per l'annullamento dell'elezione fino a quando non ci fosse stata una sentenza della magistratura. A farsi promotore di un nuovo testo è il presidente dei senatori dell'Udc, Giampiero D'Alia che, però, si è dovuto scontrare con il parere negativo dell'Aula. E ora che Di Gerolamo non è più senatore chi prenderà il suo posto? Sarà Raffaele Fantetti. Una successione che però apre subito un'altra polemica. Infatti anche per il subentrato sembrano esserci problemi di incompatibilità dato che non solo ci sono dubbi sulla effettiva residenza all'estero ma emergono anche alcune ombre, come tuona l'opposizione, sul suo passato.

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