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"Ho visto Milioni preso per le caviglie"

Alfredo Milioni, Pdl

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«No, nun ce l'avemo ancora messa la targa ricordo "qui mangiò er panino Alfredo Milioni" ma è solo questione di tempo». Al bar sotto il tribunale penale "quer pasticciaccio brutto delle liste Pdl" è più conosciuto del romanzo di Carlo Emilio Gadda. Ma se chiedi ai barman del delegato per le liste elettorali del Pdl fanno gli gnorri. «Alfredo chiiiii?» dice Daniele, mentre allunga cappuccini a impiegati magistrati e avvocati nel bunker-ristoro sotto il pianterreno dell'edificio A nella cittadella giudiziaria di piazzale Clodio, dove sabato Milioni potrebbe essersi fatto uno spuntino. Eppure in tanti giurano di averlo visto fare avanti indietro, nel corridoio che dall'ingresso porta alla famigerata stanza 23, l'ufficio elettorale, e poi se svolti a destra verso l'uscita, scendi una rampa e sei al bar. Sarà sceso anche Milioni? «Chiedetelo a "Chi l'ha visto"» ammiccano. Ma nelle chiacchiere da bar impazza il toto-Milioni, ormai tutti sanno chi è il presidente del XIX Municipio, che alle comunali fregò il feudo rosso a Fabio Lazzara, punito alle urne per la viabilità di via Torrevecchia. Il toto-ipotesi impazza pure tra gli avvocati. «Qual è la tesi più accreditata?» fa un legale all'amico. «Milioni agguantato per le caviglie dai radicali stesi per terra che non lo lasciano andare» è in cima alla hit di chi ha già sposato una tesi. Ma va forte anche il complotto. «Milioni attaccato al telefono che entra e esce freneticamente, perché lo chiamano in continuazione per dirgli chi deve entrare e uscire dalle liste. E nell'orgia di nomi da cancellare e poi riscrivere non s'accorge dell'orologio». E c'è la tesi sul genere smemorato di Collegno: «Milioni che si scorda i lucidi, i simboli che vanno consegnati con le liste». Poi spunta il crociato-Milioni che si «taglia i cogl...i» per punire la Polverini «la donna di destra messa apposta per dare in c. a Berlusconi». E il finale: «muore come Sansone con tutti i filistei», ma «poi i voti andranno ai partitini». Se ne sentono tante al bar. A patto che si nomini il peccato senza il peccatore. Quindi niente nomi, al massimo la qualifica. E si torna al panino. Milioni che s'è venduto la primogenitura per un piatto di lenticchie come Esaù non convince un cancelliere. «Ma che? mica è un bambino che abbandona tutto perché c'ha fame» dice un cancelliere, che sabato era di turno. Ma il gran casino non l'ha sentito. «Eravamo chiusi nella stanza» dice. «Non c'è stato nessun casino» dice un poliziotto, in servizio sabato e anche ieri mattina. «Non è vero quello che hanno scritto i giornali, al massimo hanno discusso». E il richiamo al silenzio sull'uscio della stanza 23? Il cordone dei carabinieri per contenere gli scalmanati? Il poliziotto «non smentisce e non conferma». Invece «il casino c'è stato eccome», dice un magistrato. «Sono arrivato verso le quattro del pomeriggio ed erano ancora lì a litigare» racconta mentre pranza coi colleghi. «Ma lì per lì non ci ho fatto caso, solo dopo quando ho visto la tv e letto i giornali ho capito».

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