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Firme e carte false per il senatore Pdl

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La sede a Milano di Fastweb in via Caracciolo

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{{IMG_SX}}Prime dimissioni eccellenti dopo l'inchiesta di Ros e Finanza su Fastweb-Telecom Italia Sparkle. A cadere è la testa di Stefano Andrini, nell'agosto 2009 nominato amministratore delegato di Servizi ambientali srl, controllata dall'Ama che si occupa della raccolta rifiuti in 40 comuni del Lazio. Ieri Andrini ha presentato le sue dimissioni, subito accettate dal cda che già oggi provvederà a nominare il suo successore. Ha detto di averlo fatto «per senso di responsabilità istituzionale nei confronti dell'azienda e del Comune di Roma, e per evitare che la mia vicenda venga strumentalizzata per motivi politici». È il primo prezzo che Andrini paga per il suo presunto abbraccio "mortale" con Gennaro Mokbel, sulle carte degli investigatori descritto come elemento di congiunzione tra 'ndrangheta (la cosca Arena di Isola Rizzuto), boss della banda della Magliana (Carmine Fasciani, radicato sul litorale romano e ora in carcere) e colletti bianchi, compreso lo stesso Nicola Paolo Di Girolamo (c'è la richiesta di arresto), ritenuto parlamentare eletto e manovrato della criminalità calabrese. Mokbel e Andrini però hanno altro in comune, i trascorsi nelle file dell'estrema destra. Il primo risulta ancora in contatto coi terroristi Francesca Mambro e Giusva Fioravanti. Andrini nel 1989 in piazza Capranica aggredì a colpi di spranga due ragazzi e per questo fu condannato col fratello Germano a 4 anni e 8 mesi di reclusione (due dei quali furono condonati). Nell'ambito dell'inchiesta Fastweb-Telecom Sparkle, la Procura romana sospetta Stefano Andrini di aver fatto carte false per catapultare Di Girolamo in Parlamento, inserendolo nella lista dell'allora «Popolo della Libertà-presidente Berlusconi», consentendo la sua candidatura e quindi la successiva elezione al Senato nella Circoscrizione Estero alle politiche 2008. Per i magistrati Andrini avrebbe attentato ai «diritti politici dei cittadini»: gli elettori hanno votato una persona (Di Girolamo) che non aveva i requisiti per essere candidato. Avrebbe fatto «false dichiarazioni aggravate all'ufficiale dello stato civile»: alla funzionaria dell'ambasciata italiana di Bruxelles avrebbe detto che Di Girolamo era residente in Belgio per consentire l'iscrizione dell'aspirante senatore nel registro degli elettori, inducendo un'altra volta in errore il personale dell'ambasciata che ha comunicato il passaggio di residenza di Di Girolamo da Roma a Etterbbek, in Belgio. Un passaggio che doveva essere certificato dal console italiano Oltralpe e che Andrini avrebbe superato facendo firmare un soggetto dell'organizzazione al posto del diplomatico. Per cui alla fine anche l'ex Popolo della libertà sarebbe stato ingannato, iscrivendo il nome di Di Girolamo nella lista dei candidati al Senato per la Ripartizione Europa depositata il 10 marzo 2008. Per eleggere Di Girolamo, però, servivano altre firme false, quelle degli elettori. Stando ai magistrati, per combinare l'operazione, Mekbel tramite Franco Pugliese (imprenditore sottoposto a sorveglianza speciale, legato alla cosca Arena) hanno usato i gregari del clan. Mekbel si è sempre vantato delle sue conoscenze mafiose. Nel 2007, parlando con un certo Stefano: «Io conosco i pesanti in Calabria. Il mio ristorante (il Filadelfia) è una specie di ambasciata... gli Arena, i Macrì». Il piano è stato semplice e terribile: Mekbel e Pugliese hanno mandato due emissari in Germania, a Stoccarda e Francoforte. Lì hanno contattato gli immigrati calabresi, li avrebbero spaventati col nome del clan che li mandava e si sarebbero fatti consegnare le schede elettorali in bianci che poi avrebbero compilato con nome di Di Girolamo.

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