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"Di Girolamo doveva essere già espulso"

Andrea Augello

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Maggior controllo sulle candidature e una legge elettorale per gli italiani all'estero da rivedere per impedire che nelle liste finiscano persone di dubbia provenienza. Andrea Augello, senatore del Pdl e relatore della Giunta delle elezioni e delle immunità che ha esaminato, due anni fa, la richiesta di annullamento dell'elezione di Nicola Di Girolamo, è di nuovo alle prese con il senatore indagato. E soprattutto è di nuovo alle prese con 1500 pagine di accuse che il giudice ha spedito a Palazzo Madama per chiederne di nuovo l'arresto. «Martedì cominceremo l'esame – spiega – proseguiremo giovedì e probabilmente la settimana successiva trasmetteremo il nostro parere all'aula. Che poi dovrà metterla in calendario». Fini e Frattini si sono già espressi dicendo che se fossero senatori voterebbero per l'arresto. Lei è d'accordo? «Faccio parte della Giunta e devo leggere i documenti. Per una questione di correttezza lo dirò solo alla fine quando trasmetteremo gli atti al Senato». Però ha esaminato l'altra richiesta, quella di espulsione di Nicola Di Girolamo perché non era residente a Bruxelles. Che idea si è fatto? «Ci siamo trovati di fronte a una situazione lacunosa, c'è stata una assoluta approssimazione sulla documentazione da parte di Di Girolamo. Insomma un grosso pasticcio. Tanto è vero che io votai contro la mia maggioranza proponendo la sua decadenza».   Praticamente un imbroglio. Secondo lei fatto ad arte? «Credo che avesse totalmente sottovalutato i requisiti che vengono richiesti per essere eletti. Però è anche vero che non c'era alcun profilo di criminalità». Resta il fatto che non si capisce chi lo abbia candidato. Nessuno sembra assumersene la responsabilità. «Il meccansimo di scelta dei candidati all'estero è ancora tutto da rodare, può capitare che una persona finisca in lista e poi ognuno pensi che sia proposto da un altro. E in questa grande confusione è nata anche la candidatura di Di Girolamo». Ma possibile che nessuno ci abbia parlato? «Con qualcuno avrà parlato, lo scopriremo. Ma il responsabile maggiore è la disattenzione. All'estero non c'è l'attività politica dei partiti che fa da filtro, molti candidati non si conoscono. È di sicuro un meccanismo che va limato». Salvando la legge Tremaglia? «Sì, però va modificata. Sul voto per corrispondenza, ad esempio, ci sono molti dubbi». «Repubblica» la accusa di essere il senatore che ha salvato Di Girolamo dall'espulsione. È così? «Credo sia un'accusa fatta o nella più totale ignoranza o nella più totale malafede. Perché quello stesso giornale, quando la Giunta decise su Di Girolamo, scrisse correttamente come si erano svolti i fatti. E scrisse che io votai contro la decisione di non farlo decadere dalla carica». Il Senato però decise di aspettare la fine dell'inchiesta. Una scelta che è sembrata molto una «autodifesa» della casta. «Forse è stato un eccesso di garantismo. Io comunque dissi chiaramente di essere contrario. E ora la decisione del presidente Schifani di metterla in votazione mi pare sgombri il campo da ogni dubbio».  

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