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Notizie alla cricca per far ottenere un lavoro al figlio del magistrato

Il procuratore della Repubblica di Roma Giovanni Ferrara

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Parla il procuratore di Roma Giovanni Ferrara. Parla di nuovo per difendere il suo ufficio, perché «l'impegno e la correttezza dei magistrati romani» non possono essere infangati «da comportamenti di singoli magistrati». Non solo: precisa che con la procura di Firenze, che indaga sull'ormai ex «aggiunto» Achille Toro nell'ambito dell'inchiesta sugli appalti del G8 in cui è indagato anche il capo della Protezione civile Guido Bertolaso, «non esiste alcuno scontro». «La professionalità dei colleghi di Firenze non è in discussione», dice in una nota il capo della Procura di Roma. Un documento diffusa dopo una riunione con i suoi sostituti procuratori durata circa due ore. E convocata per rispondere alle indiscrezioni apparse su alcuni quotidiani che parlano di malumori all'interno della procura capitolina per come si sarebbero comportati i colleghi di Firenze. I quali, come affermato dal procuratore Giuseppe Quattrocchi, non replicano: «Non è che non voglio rispondere. Non credo che sia opportuno farlo. Lui (Ferrara ndr.) ha detto le sue cose. Non credo che sia opportuno...» «Come magistrati di questo ufficio - spiega dal canto suo il procuratore di Roma Ferrara - sentiamo forte il disagio derivante da quanto emerso dalle indagini di Firenze. Desideriamo ribadire che comportamenti attribuiti a singoli magistrati non possono e non devono coinvolgere negativamente l'impegno e la correttezza dei magistrati di Roma». Insomma, se Achille Toro ha sbagliato è affar suo e ciò non può compromettere il lavoro dell'ufficio. Lo dice a chiare lettere un pm alla fine dell'incontro. «La riunione è servita a ribadire l'unione e la coesione che si respira all'interno di questa Procura», ha commentato il magistrato. «Siamo turbati per il fatto che l'inchiesta di Firenze coinvolga un magistrato che lavorava qui, ma questo non è certamente sufficiente a macchiare il gran lavoro che viene quotidianamente fatto in questo ufficio». Per i magistrati il procuratore capo, nel «pieno delle sue prerogative», «ha fatto solo il suo dovere» telefonando al suo omologo toscano Quattrocchi, per sapere se corrispondeva a verità quanto riportato in un articolo apparso su un quotidiano il 28 gennaio scorso e che dava conto di una inchiesta a Firenze analoga a quella effettuata a Roma. Due giorni fa Ferrara, in merito alla vicenda che coinvolge l'ex procuratore aggiunto, Achille Toro, aveva dichiarato come fosse «ovvio che tutti gli elementi investigativi vadano riferiti» e condivisi sia con i «responsabili dei pool» sia con «i pm che indagano: non è che un capo dell'ufficio può tenere per sè le informazioni». Intanto, dalle intercettazioni dei carabinieri del Ros emergerebbe che era in ballo un lavoro per Camillo Toro, figlio del magistrato: cioè sarebbe stata la contropartita che i pm di Perugia impegnati nelle indagini sugli appalti per i cosiddetti Grandi eventi ipotizzano possa avere ricevuto l'ex procuratore aggiunto di Roma Achille Toro per le presunte indicazioni fornite sull'inchiesta. Una ricostruzione delineata anche nella richiesta di rinnovare le misure cautelari nei confronti dei quattro arrestati a Firenze. Istanza che il gip perugino Paolo Micheli sta ancora valutando. Per farlo ha rinviato un'udienza preliminare importante, in programma per ieri: quella relativa alle presunte irregolarità compiute in occasione del ritrovamento del cadavere di Francesco Narducci, un caso per gli inquirenti collegato alle vicende del mostro di Firenze. Tecnicamente il giudice ha tempo fino a domenica prossima per depositare la sua decisione, che comunque dovrebbe arrivare prima del termine previsto. I pm perugini si stanno intanto concentrando proprio sulla posizione dell'ex procuratore aggiunto della Capitale. A Toro hanno contestato i reati di corruzione e favoreggiamento oltre a quello di rivelazione del segreto d'ufficio. L'ipotesi degli inquirenti è infatti che a fronte delle sue presunte rivelazioni, il magistrato che si è recentemente dimesso dall'ordine giudiziario possa avere ricevuto una contropartita legata a un lavoro per il figlio.

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