Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Se vent'anni fa il cardinale Biffi definì Bologna una città sazia e disperata, oggi il capoluogo emiliano potrebbe essere considerato una città sedotta, abbandonata e sempre più disperata.

default_image

  • a
  • a
  • a

Disperataperché la città, un tempo isola felice, appare ripiegata su se stessa, sempre più vecchia e senza grandi progetti in cantiere. In queste settimane, anche perché sono stato indicato candidato sindaco del Pdl, in molti mi hanno chiesto quali sono i motivi che hanno rotto il bel giocattolo sotto le due Torri, al di là della vicenda Delbono e delle sue clamorose dimissioni per una love-story con la segreteria Cinzia a spese pure della Regione (allora l'esponente prodiano era il vice di Errani nella giunta emiliano-romagnola). La ragione è semplice: da anni, da troppi anni, il potere rosso stava procedendo a forza d'inerzia, senza slancio, senza idee, senza futuro. Si erano create incrostazioni sempre più stratificate e persino quelle lobbies che in teoria avrebbero dovuto ribellarsi all'egemonia degli ex-compagni, preferivano mantenere lo "status quo" perché comunque l'importante era stare allineati e coperti. La vicenda Delbono ha scoperchiato il vaso di Pandora e tutto il potere monolitico - che, simile a una cappa, sovrastava sulla città e sulla regione - si è sgretolato come un castello di sabbia. Non è un caso che lo scandalo che hanno portato alle dimissioni del sindaco, sia scoppiato con sette mesi di ritardo, dopo la denuncia in giugno da parte dello sfidante Alfredo Cazzola, grazie all'arrivo in città di un nuovo procuratore capo che ha voluto vederci chiaro e che ha così riaperto un'inchiesta già archiviata. Ci sarebbe da riflettere parecchio anche sul fatto che solo oggi la Regione Emilia-Romagna si dichiari parte lesa nei confronti di Delbono: perché non ha varato un'inchiesta interna subito dopo lo "j'accuse" di Cazzola? Adesso la sinistra bolognese appare come un vecchio pugile sull'orlo del ko e cerca di addossare in qualche modo al centrodestra la responsabilità di fare slittare le elezioni comunali al 2011. La verità è un'altra: il ministro Maroni ha cercato con tutti i mezzi di fare votare a Bologna in contemporanea con le Regionali di fine marzo: non c'è riuscito perché le dimissioni di Delbono sono arrivate con qualche giorno in ritardo rispetto alla finestra elettorale e chiunque avrebbe poi potuto chiedere di invalidare il voto. A questo punto, per evitare un lungo commissariamento della città, ci vorrebbe un procedimento ad hoc per Bologna: sarebbe un precedente che fa storcere la bocca a molti costituzionalisti e tanti politici. Certo, se si trovasse qualche soluzione intermedia (magari il voto in autunno), forse sarebbe la soluzione migliore per aiutare la città a uscire da un lungo letargo. Vedremo. Per quanto riguarda il sottoscritto, molti mi stanno chiedendo se sarò il candidato sindaco anche nel 2011. Sinceramente non lo so: quando si ipotizzava il voto a fine marzo con l'"election day", avevo accettato subito di cambiare al volo la bicicletta (ero già in corsa per tentare la sfida a Errani) per amore della città in cui vivo e perché ritengo che l'emergenza di Bologna sia prioritaria su tutto il resto. Con lo stesso spirito, sono pronto ad accettare la sfida con Prodi, se il Pd - a conferma della paura di perdere della sinistra bolognese -, dovesse ricorrere al Professore, ancora riluttante a candidarsi. Ma, per il bene della città, sono pure disposto a fare un altro passo indietro se me lo chiedessero i coordinatori nazionali del Pdl per favorire l'alleanza a Bologna con l'Udc e la Lega: l'importante è scrivere finalmente la parola "fine" a un monopolio che ha fatto troppi danni a Bologna, una città un tempo invidiata da tutti.

Dai blog