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Magistrati, sciopero per difendere la casta

Il pm romano Luca Palamara

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L'Anm torna ad attaccare il governo. Il presidente Palamara minaccia lo sciopero, se il governo non farà cadere il divieto di destinare i magistrati di prima nomina nelle procure. Il Guardasigilli Alfano: chiusura miope. È ancora alta tensione tra la magistratura e il ministro della Giustizia Angelino Alfano.   Il presidente dell'Associazione nazionale magistrati, Luca Palamara, intervenendo all'assemblea convocata in Cassazione, lascia intendere (non lo dice espressamente) che è pronto ad annunciare lo sciopero delle toghe se il governo non farà cadere, almeno temporaneamente, il divieto di destinare i magistrati di prima nomina nelle procure. Dati alla mano, Palamara ha detto che la «desertificazione» delle procure è «drammatica» e in due soli anni le scoperture di organico si sono quadruplicate passando da 68 a 249. La conseguenza è «la concreta impossibilità di esercitare l'azione penale». «L'Anm non potrà assistere inerme allo svuotamento degli uffici di procura» ha tuonato il presidente dell'Anm, sottolineando che l'Associazione è «intenzionata ad adottare ogni efficace e anche estrema iniziativa di mobilitazione della magistratura». Palamara ha attaccato il decreto legge con il quale il governo è intervenuto sul problema delle procure definendolo «incoerente, inefficace e fortemente penalizzante per i magistrati più giovani». Poi ha chiesto la revisione delle circoscrizioni giudiziarie.   Più duro il sostituto procuratore di Palermo Nino Di Matteo, (tra i titolari dell'indagini sulla presunta trattativa tra Stato e Cosa Nostra) che ha proposto di «disertare le cerimonie di inaugurazione dell'anno giudiziario e consegnare le toghe». Si sono fatti sentire pure l'ex pm di Potenza Henry John Woodcock che giudica incostituzionale il decreto del governo e il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia che estende il suo giudizio negativo a tutte le riforme sulla giustizia: «sono medicine peggiori del male». Ma dall'Anm non arrivano solo attacchi verbali. L'Associazione ha anche affisso una vignetta all'ingresso dell'assemblea dei procuratori dal titolo: «Il pm Avatar in tutte le aule di tribunale dal 15 gennaio»; come dire che i vuoti di organico nelle procure saranno risolti con «pm Avatar» cioè con cloni virtuali dei magistrati. L'attacco dei togati è stato subito cavalcato dal Pd che parla di «problema serio». Sulla stessa linea l'Udc con Rao che avverte: «Sulla riforma della giustizia pesa il macigno dei processi nei confronti del premier. Finché non lo avremo rimosso non so cosa sarà possibile fare». La maggioranza invece fa muro contro gli attacchi dell'Anm. A stretto giro è arrivata la replica del ministro Alfano che pur invitato non ha partecipato all'assemblea, così come tutti i rappresentanti della maggioranza. Per il Guardasigilli lo sciopero contro le leggi dello Stato, sarebbe un atto «gravissimo» perchè effettuato da chi per «dettato costituzionale» è tenuto ad applicarle. Il decreto del governo contro cui si sta mobilitando l'Anm, prevede il ricorso al trasferimento d'ufficio coattivo dei magistrati per coprire i vuoti nelle procure. Quindi il ministro dice basta alla «chiusura corporativa e di retroguardia assunta dal sindacato delle toghe, finalizzata esclusivamente a difendere privilegi di casta» e richiama l'Anm al «rispetto delle leggi dello Stato», ovvero anche alla disciplina sul trasferimento d'ufficio. E poi invita la magistratura invece di «ironizzare e affiggere vignette» di «contribuire a risolvere il problema coprendo immediatamente le sedi disagiate che, in realtà, disagiate non sono, ma solo sgradite ai magistrati». Alfano afferma fuori dai denti, che con la minaccia della mobilitazione si «pretende la sospensione di ben tre leggi dello Stato già in vigore e questo per impedire che qualche decina di magistrati possa essere scomodata, per un periodo limitato di tempo, per prestare la propria opera lì dove vi è maggiore bisogno di capacità e di esperienza».   Il Guardasigilli ne deduce che la protesta ha anche origine dal fatto che «l'unica strada concepita è quella di una gravissima forma di nonnismo giudiziario». Contro la polemica dell'Anm si posiziona anche l'Unione delle camere penali: «Nulla di nuovo, sono le solite sortite restauratrici e la minaccia di uno sciopero».

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