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Bonino: "Nessun prete nel comitato"

Emma Bonino, candidata alla Regione Lazio

Polverini: sì alla famiglia tradizionale

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Da politica navigata qual è Emma Bonino sa bene che la partita delle regionali del Lazio si giocherà sui temi cattolici e sulla possibilità di ottenere voti da quella parte di elettorato di centrosinistra che farà fatica a riconoscere in lei i valori del cattolicesimo. Per questo ieri, alla prima uscita pubblica dopo il via libera alla sua candidatura dell'assemblea regionale del Pd Lazio, oltre a dirsi «emozionata» e a riconoscere che la strada «è in salita», assicura subito che ce la metterà tutta «per rappresentare i valori e le passioni che tanto hanno segnato il popolo di sinistra, quello cattolico e tutto il popolo italiano in questi anni». Anche se poi non tradisce il suo vero pensiero e quando c'è da prendere le distanze con la sfidante Renata Polverini non rinuncia alla battuta «qualunque sia il mio comitato elettorale, mi sembra difficile che chiamerò un prete a benedirlo». È il Teatro Eliseo di Roma e un dibattito sulla non violenza, al quale prendono parte il suo compagno politico di sempre Marco Pannella e lo psicanalista Massimo Fagioli, il luogo che la Bonino sceglie come primo giorno da candidata del Pd alle regionali. La sala è talmente piena che ad un certo punto le hostess dirottano chi arriva in ritardo al Piccolo Eliseo, dove è stato allestito un maxischermo, ma basta chiedere un po' in giro per sapere che si tratta per la maggior parte di simpatizzanti del partito radicale, che applaudono, stringono le mani e si lasciano andare a grida di incitamento e poi, a dibattito finito, si mettono in coda davanti ai banchetti allestiti nel teatro per firmare a sostegno della candidata. Pochi, invece, coloro che dichiarano apertamente di appartenere al popolo del Pd. La Bonino è in abiti informali, un tocco di colore nella giacca, gli immancabili pantaloni dal taglio maschile. Dovrà vedersela con Renata Polverini e sottolinea come due donne a contendersi una carica istituzionale di rilievo sia un fatto assolutamente nuovo in Italia.   Poi incentra il suo discorso pubblico sul tema della non violenza, sul rapporto tra politica e religione, prendendo ad esempio il libro di un dissidente iraniano, Jahanbegloo Ramin: «Non conta tanto cosa credere, ma cosa fare delle proprie credenze. Bisogna dunque imporle? — chiede la Bonino — o piuttosto usarle per rispettare le diversità?». E a proposito di diversità, quello che secondo la candidata del centrosinistra distingue la sua politica è «portare gli ideali in quello che si fa, un fatto non più così scontato in questo Paese». Com'è tutt'altro che scontato incassare l'appoggio dei cattolici del centrosinistra. A riportarla sul terreno concreto della campagna elettorale sono i giornalisti, che all'uscita dalla sala la incalzano sul ventilato addio al Pd della teodem Paola Binetti. La senatrice allarga le braccia e non risponde, prima di accendersi una sigaretta e risalire sull'auto blu che la porterà ad altri appuntamenti della giornata. È invece possibilista e meglio disposta a parlare, quando si tocca il tema dell'appoggio di Italia dei Valori e di Rifondazione Comunista. «Con il segretario del Prc, Paolo Ferrero ci siamo visti, è stato un incontro interlocutorio e di certo ce ne sarà un altro. Il mio messaggio è che è possibile un grande nuovo inizio». Quanto alle posizioni che li vorrebbero distanti, la Bonino risponde: «Né Di Pietro, né Ferrero mi conoscono a sufficienza. Ma credo che sappiano perfettamente non tanto cosa rappresento ma quello che sono». Parla poco, invece, delle priorità per il Lazio se non ricordando che sono quelle dettate dall'evidenza: sanità, rifiuti, trasporti. Ma si scalda un'ultima volta per ribattere a distanza al dubbio sollevato da alcuni esponenti del Pd, tra i quali il segretario regionale Alessandro Mazzoli, riguardo una sua candidatura «poco popolare». «Non so se sono popolari i centri per gli immigrati e le carceri che frequento abitualmente — risponde — non mi pare però di non essere una frequentatrice di luoghi popolari». L'auto blu parte e il dibattito sulla non violenza inizia.

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