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Caldoro è ufficiale, l'Udc pronta al sì

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L'ufficializzazionearriva dai vertici del partito locale, dopo il via libera di Berlusconi che venerdì aveva incontrato a Palazzo Grazioli Nicola Cosentino. Manca l'imprimatur dell'ufficio di presidenza, che si riunirà mercoledì, ma i campani hanno voluto ribadire che l'investitura doveva venire dal territorio. «L'indicazione unanime del Pdl campano mi dà la forza per affrontare l'impegno che ci aspetta. Dobbiamo parlare ai cittadini e dare loro risposte», commenta Caldoro, ministro nel precedente governo di centrodestra, da sempre molto vicino a Berlusconi. Il suo nome piace all'Udc che però non fa sconti per la Campania e non scioglie la riserva. «Decideremo venerdì prossimo nella riunione nazionale della costituente di centro», promette il segretario nazionale Lorenzo Cesa. E aggiunge: «Caldoro è una persona perbene, seria. Ma valuteremo i programmi prima di decidere». A Napoli per sancire la fuga dei moderati dal Pd, col passaggio alla forza centrista di un consigliere regionale e uno comunale, Cesa non risparmia frecciatine al leader di Arcore e al suo centrodestra: «Ma quale politica del doppio forno, noi siamo il partito della coerenza e abbiamo un coraggio da leoni». E rivendica la forza del suo partito sottolineando che il bipolarismo non funziona, «da una parte sono condizionati dalla Lega, dall'altra sono in crisi per colpa dell'Idv. Si mettano l'anima in pace, noi rinunciamo a comode poltrone. Se qualcuno non vuole fare alleanze con noi fa niente. Alle scorse amministrative nel 85% dei casi siamo andati da soli, figuriamoci se ci spaventano le minacce di chi pensa di intimorirci», risponde a Berlusconi. La scena, però, è tutta di Ciriaco De Mita, il vecchio leone di Nusco che sa ancora muovere i fili della politica campana. Cita De Gasperi e Moro, racconta barzellette, e sorridendo attacca la politica berlusconiana e quella del Pd. «Noi dovremmo scegliere, e Fini e Berlusconi discutono su come mettersi d'accordo tra loro», ride sornione, «strano che il più vecchio riflette, e il nuovo e moderno cerca di convincere il paese che la politica è gestione aziendale. Berlusconi pensa di essere il capo di un'azienda, ma la democrazia è assai più difficile». Che con il Cavaliere non sia mai andato d'accordo non è un mistero, ma l'ex Dc, come spesso accade, si sente in diritto di dare lezioni a tutti quelli che invocano il bipolarismo: «Veltroni aveva pensato il nuovo così nuovo che poi è scomparso. I due che hanno dato vita al patto del predellino non si mettono d'accordo e sottolineano che la convivenza è difficile, e sul territorio i loro adepti celebrano la loro unione non spiegano perché stanno insieme». E archivia con un'alzata di spalle l'eco delle parole del Cav: «Dictat e avvertimenti sono un blaterare inutile. Se questo sistema bipolare funzionasse se ne fregherebbero di noi, sparano a vuoto, visto che la pistola è scarica». Archivia le vecchie alleanze, «erano programmatiche, non politiche», e poi rimane, come da tradizione, nel mezzo: «Là dov'è possibile un accordo di programma siamo pronti a discuterne, ma il riferimento sarà il candidato». E questo significa che per la Campania sarà ancora lui a condurre le trattative. Che sembrano aperte con Caldoro: «È una scelta valida, ma dobbiamo vedere i programmi. Se ci sono i margini per un'alleanza? Sono solo i fatti a dirlo, non altro». Ma la porta per il Pd del vecchio amico Bassolino non è chiusa. Fa lo gnorri quando gli si chiede della disponibilità dei dem a concordare la candidatura, e pure quando gli si chiede delle voci di una possibile intesa sul rettore dell'ateneo napoletano, Trombetti: «Non lo so, discutiamo con i candidati quando ci sono».

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