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Gelmini: "Favoriamo l'integrazione"

Il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini

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Basta con le classi-ghetto formate esclusivamente da studenti stranieri. Il ministro Mariastella Gelmini, con una circolare, fissa un tetto del 30% alla presenza di alunni immigrati. «Una misura di buonsenso» spiega a Il Tempo. Per Idv e Pd «è razzismo». «Si tratta di un provvedimento di buonsenso che nasce dall'esperienza». Il ministro Mariastella Gelmini lo ripete quasi fosse una giaculatoria: l'introduzione di tetto del 30% di stranieri nelle classi non è un provvedimento spot, ma nasce dall'esperienza. In fondo l'idea circolava già lo scorso marzo ed era tornata alla ribalta delle cronache a settembre con il «caso» della scuola Carlo Pisacane di Roma (180 alunni, 170 immigrati ndr). Ministro ma era proprio necessaria una misura di questo tipo? «In molte scuole, soprattutto nelle periferie delle grandi città, esistono classi formate esclusivamente da immigrati. Ma questo non favorisce l'integrazione e si riflette negativamente sulla didattica. Per questo i docenti e i dirigenti scolastici, ma anche i genitori, chiedevano da tempo una regolamentazione». Quindi, secondo lei, fissando un tetto, si aiuta l'integrazione? «Si favorisce la vera integrazione che si fonda soprattutto sulla conoscenza della lingua italiana. Perché, se non parlo, è difficile rapportarmi con gli altri. Per questo abbiamo previsto anche un potenziamento dei corsi di italiano soprattutto per i bambini che hanno più di 10-12 anni. A sei, infatti, è più semplice imparare una nuova lingua, ma più si cresce e più l'apprendimento diventa complicato».  Parlo quindi sono italiano. Non le sembra un po' poco per definirla vera integrazione? «Infatti un altro punto qualificante è l'inserimento dell'educazione alla cittadinanza cioè l'insegnamento del rispetto per le altre culture, ma anche l'affermazione dell'importanza delle regole civili, della storia, delle leggi. La scuola italiana deve mantenere con orgoglio le proprie tradizioni storiche e insegnare la cultura del nostro Paese. Perché la lotta alla disuguaglianza passa attraverso l'orgogliosa difesa delle nostre radici, anche cristiane. Lo ha scritto bene Angelo Panebianco sul Corriere di oggi (ieri ndr): se noi rinunciamo al presepe o al crocifisso diamo il messaggio che il nostro popolo non ha tradizioni. O che siamo disposti a farne a meno. E allora siamo in balia degli altri». Ma in questo modo non si rischia, come dicono Di Pietro e gli esponenti del Pd, di creare un altro tipo di ghettizzazione. Non le sembra una norma un po' razzista?  «Il senso del provvedimento non è assolutamente discriminatorio, ma punta all'inclusione e all'integrazione eliminando le "classi-ghetto" fatte di soli stranieri. Chi dice certe cose non sa di cosa parla. Sono gli insegnanti e i dirigenti scolastici a chiederci maggiore equilibrio. Si tratta di una norma che raccoglie un forte consenso». Quindi nessuna «riserva indiana» per stranieri? «Noi non partiamo dall'ideologia, ma dall'esperienza. Dovrebbero farlo anche gli altri. Le dispute ideologiche, per favore, lasciamole ai convegni. Purtroppo questa dittatura del politicamente corretto impedisce di vedere che oggi in molte classi gli studenti vengono penalizzati nell'apprendimento mentre i ragazzi immigrati non riescono ad integrarsi. Questa è l'esperienza». Pensa che il tetto possa essere innalzato? «Il 30% che abbiamo fissato è frutto di un ragionamento e di una valutazione puntuale. È chiaro, poi, che può esistere una discrezionalità su singoli casi».

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