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Pd col cerino in mano, dopo i ritardi è costretto a "sposare" la Bonino

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Emma Bonino

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In politica c'è una legge inesorabile: lo spazio vuoto si occupa. Per 2 mesi nel Lazio il Pd non ha saputo che pesci prendere. E i Radicali sono riusciti nel loro capolavoro: la candidatura di Emma Bonino alle Regionali. Con la sua lista. In questo modo il primo partito del centrosinistra si è trovato in un angolo: accettare di sostenere la vicepresidente del Senato o perdere consensi. Colpa dell'immobilità che ha colpito il Pd negli ultimi mesi. Ora i problemi di Bersani e company diventano ancora più grandi: la trattativa con i Radicali e con i teodem che hanno minacciato di uscire dal movimento. L'ex coordinatore nazionale Goffredo Bettini, nelle ultime settimane in giro per il mondo a dimagrire, aveva proposto di puntare sulla Bonino due mesi fa. I Popolari s'erano detti d'accordo. Del resto dopo la vicenda di cui è stato vittima l'ex presidente della Regione Piero Marrazzo, candidare contro la Polverini o la Todini (che all'epoca era ancora in gioco) una donna stimata in modo trasversale come la vicepresidente del Senato aveva ragione da vendere. Certo si trattava di mettersi d'accordo con i Radicali ma pur sempre da una posizione di vantaggio. Invece no. Il Pd ha temporeggiato, ha creduto di poter chiudere l'intesa con l'Udc, ha cercato disperatamente di coinvolgere un esponente cattolico della società civile. Alla fine, quattro giorni fa, la Bonino è uscita allo scoperto: mi candido con la mia lista. Contro il centrodestra, certo. Ma anche contro l'assenza del centrosinistra. Dunque il Pd è rimasto col cerino in mano. Che fare? Probabilmente nient'altro che costruire un fronte comune con i Radicali. Ma stavolta saranno loro a dettare la linea. I cattolici non ci stanno. Fanno notare la radicalizzazione dello scontro laziale, minacciano di abbandonare il Pd. «Ma hanno un'alternativa da proporre? Lo facciano» replicano dall'ala ex Ds. Cioè: ormai non c'è via d'uscita. Gli spazi vuoti si occupano, non solo in politica. I Radicali lo sanno. Anche il Pd lo sa. C'è chi pensa di poter affiancare un centrista alla Bonino, di fare un ticket a misura di moderato. C'è chi lancia l'eurodeputata Silvia Costa. Ma chi conosce la Bonino sa che lei non cederà e che il Pd finirà, paradossalmente, per fare l'alleato. Alla Sinistra, invece, la vicepresidente del Senato piace parecchio. In effetti la Bonino potrebbe essere un'ottima candidatura, soprattutto se, come dicono alcuni del Pd, «la Polverini si sgonfierà in campagna elettorale. Dietro di lei ci sono Storace, Gasparri, Alemanno. Gli elettori lo vedranno. È un po' una veltronata». Ma qui è il centrosinistra che rischia di fare l'ennesimo papocchio. Prima questione: si faranno le primarie? I contrari alla Bonino le chiedono e ripetono i nomi di Achille Serra ed Enrico Letta. Seconda questione: nel caso, la Bonino sarà libera di fare la campagna elettorale o il Pd le metterà i bastoni tra le ruote? Terza: i cattolici usciranno dal partito gettando benzina sul fuoco? Poi ci sono i numeri. A questo punto il centrodestra ha un vantaggio imbarazzante. «Ma in politica la matematica lascia il tempo che trova perché gli elettori sono più svegli di quello che pensano i partiti e perché i candidati pesano più dei movimenti» ragionano nel Pd. Piccole consolazioni di un partito che, ancora una volta, ha perso il treno.

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