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Alcoa a un passo dall'addio all'Italia

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Prontia fare le valigie e ad abbandonare al loro destino l'impianto di Portovesme in Sardegna e di Fusina in Veneto con i due mila addetti in organico. Alcoa, la multinazionale dell'alluminio alla quale la Ue ha annullato lo scorso 18 novembre le tariffe energetiche agevolate concesse in Italia, arriverà molto probabilmente con questa linea al tavolo convocato al ministero dello Sviluppo Economico giovedì prossimo. A indicare la linea della fermezza è stato lo stesso ad di Alcoa Italia, Giuseppe Toia, in un incontro a Iglesias con i sindacati poche ore prima della fine del 2009. Per l'azienda americana, infatti, non sarebbero sufficienti le misure proposte dai tecnici governativi per consentire l'abbattimento del costo dell'energia elettrica sostenuto da Alcoa e dagli altri clienti cosiddetti energivori, più alto in Italia rispetto al resto d'Europa. La via tracciata dai tecnici del dicastero di Via Veneto per indurre i manager dell'impresa a continuare l'attività aziendale è un insieme di provvedimenti che prevede il cosiddetto import virtuale (prezzi analoghi a quelli praticati al confine da produttori esteri) e la riduzione degli oneri di dispacciamento. Non solo. Alcoa dovrebbe anche beneficiare di un'estensione del servizio di interrompibilità che darebbe altre economie. La somma delle misure porterebbe, per il 2010, un prezzo dell'energia poco superiore ai 30 euro/MWh, un valore nettamente inferiore al costo medio dell'energia in Europa (circa 45-50 euro/MWh) e a quello che la stessa azienda paga negli stabilimenti in Spagna (di poco inferiore ai 40 euro/MWh). Un valore che resta però ancora superiore ai 27 euro fissato dall'azienda per assicurare la sopravvivenza degli impianti italiani. Per incentivare Alcoa a restare sarebbe scesa in campo anche l'Enel terzo produttore di elettricità in Sardegna dopo Eon e Saras Secondo quanto risulta a Il Tempo, l'azienda guidata dall'ad Fulvio Conti, avrebbe offerto un'opzione gratuita di fornitura a prezzo di borsa per il mese di gennaio. Uno strumento che avrebbe evitato all'azienda, non avendo ancora sottoscritto alcun impegno contrattuale per il mercato libero, di essere obbligata a rifornirsi su mercati più costosi. L'azienda avrebbe inizialmente rifiutato questa proposta per poi accettarla in un secondo momento per le pressioni sindacali e istituzionali. Negli ultimi giorni, poi, Enel avrebbe fornito la massima collaborazione ad Alcoa, d'intesa con il ministero e l'autorità, per garantire il buon esito del meccanismo di import virtuale. Insomma gli sforzi per convincere gli americani a restare in Italia non sarebbero mancati. Ma non sarebbero stati sufficienti a far loro cambiare idea. Secondo Alcoa il mix di interventi proposti per la riduzione del costo dell'energia porterebbe il prezzo del Mwh ancora distante dai 27 euro richiesti per restare competitivi. Per ora dunque la volontà di chiudere sembra quella preminente. Il futuro delle maestranze è dunque quasi segnato a meno di possibili colpi di scena. Ma Alcoa continua a pensare al suo futuro. La multinazionale siderurgica infatti si prepara a sbarcare in Arabia Saudita con un progetto insieme alla compagnia nazionale Ma'aden. L'iniziativa prevede lo sviluppo di un complesso industriale integrato per la produzione dell'alluminio, con un investimento che sfiorerà 11 miliardi di dollari. I soci arabi si sono impegnati a costruire un impianto di generazione di energia a basso costo dedicato alle lavorazioni del gruppo.

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