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Emiliano "nei Casini"

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Michele Emiliano

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BARI - Potrebbero essere i primi giorni della prossima settimana quelli decisivi per mettere la parola fine alla confusione che regna nel Pd e nel centrosinistra pugliese per la scelta del candidato presidente della coalizione alle regionali targate 2010. Lunedì il caso-Puglia sarà esaminato in una riunione che i vertici pugliesi terranno a Roma con Bersani; martedì, invece summit in casa Udc con Cesa e Casini. Dopo la lettera che gli è stata fatta recapitare da Michele Emiliano, con la quale il sindaco di Bari e presidente regionale dell'assemblea del Pd ha fatto un passo indietro e si è reso indisponibile alle primarie, il segretario regionale del Partito democratico, Sergio Blasi, sembra ormai orientato a proporre nella riunione romana il sostegno del partito a Nichi Vendola. Il presidente uscente della Regione Puglia e leader nazionale di Sinistra Ecologia e libertà, rimane immobile sulla sua posizione: non si ritira. Si è auto-candidato alle regionali sin dal mese di novembre ma sul suo nome non c'è il consenso dell'Udc, da sempre favorevole invece alla candidatura Emiliano. Ma quest'ultimo subordina la sua disponibilità alla modifica della legge elettorale regionale, un emendamento cioè che deve eliminare l'ineleggibilità di sindaci e presidenti di Province: una legge «ad personam», dicono in molti (e il Pd è spaccato anche su questo), una legge «salva-Bari», la definisce Emiliano. Attacca Maurizio Gasparri, capogruppo al Senato del Pdl: «Emiliano pensa di essere lo zar della Puglia, è un arrogante. La sua condotta è da codice penale. Inviterò dei legali a valutare se le sue minacce al consiglio regionale pugliese violano le leggi». «In ogni caso D'Alema, stratega di questo disastro, - continua Gasparri - si rivela il più sopravvalutato dei politici italiani. Bocciato dai suoi compagni socialisti in Europa ora elemosina una poltrona al Copasir pur di avere un posto». Il caos nel Pd e nel centrosinistra di fatto ha rafforzato Vendola, percepito prima come colui che ha provocato con la sua autocandidatura la spaccatura del Partito democratico, ora sempre più come "una vittima" delle scelte del "palazzo". L'accordo con l'Udc rimane tuttavia per il Pd la rete decisiva da segnare nella partita che ha un solo fine: portare i voti del partito di Casini nel centrosinistra e per questo dal tavolo romano potrebbe emergere la decisione di chiudere l'intesa con l'Udc e scendere in campo alle regionali con un nuovo candidato (ritorna il nome di Francesco Boccia), lasciando correre da solo Vendola. Ormai comunque la situazione porta scintille ovunque e l'irritazione serpeggia non solo nel Pd, ma anche tra i possibili nuovi alleati, Udc e Idv. Lo scenario politico consiglierebbe all'Udc di tagliare la testa al toro e correre da sola (e l'elettorato potrebbe anche premiare questa decisione) ma la classe dirigente locale del partito non accetta questa soluzione: i meccanismi elettorali sono complessi e sarebbero in troppi a rimanere scontenti. Resta l'irritazione e lo sconcerto per la confusione che regna nel partito democratico. Una confusione che in ambienti dell'Udc nazionale viene più vista come la volontà di impedire l'affermarsi di un progetto riformatore coerente. Una confusione che potrebbe favorire, alla fine, a livello locale, una alleanza con lo schieramento opposto che veda uniti Pdl, Udc e il movimento «Io Sud» guidato dalla senatrice Adriana Poli Bortone. Ed è proprio la parlamentare uscita nei mesi scorsi dal Pdl per fondare il movimento meridionalista ad essere indicata come possibile candidata alle regionali in caso di un'intesa tra Popolo della libertà e centristi.

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