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Vicende come quella del presidente Berlusconi pongono interrogativi inquietanti.

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Piùimpressionanti sono le immagini, più ampia è la possibilità di mistificare il messaggio, come in effetti si è puntualmente tentato. Può darsi che il caso Tartaglia non rientri in un piano, ma non c'è dubbio che si è cercato di utilizzarlo. Basta dire una frase in un modo invece che in un altro - nei talk-show è molto facile - ed il giuoco è fatto. Poi ci penseranno i «professionisti» a far sorgere dubbi, a far spostare il fuoco sugli «oppressi» e sui «diritti calpestati», ad allontanare il misfatto insistendo invece sul peccato originale di chi lo ha subìto. I disinformatori sanno bene che ciò accadrà, è parte del loro calcolo. L'analisi del processo che intercorre tra la prima descrizione di un crimine odioso e la sua trasformazione scopre una tecnica nota. Inizialmente mancano informazioni precise, per cui la «domanda» viene soddisfatta dall'effetto delle immagini cruente. Siccome la carenza di certezze si prolunga, è giocoforza appoggiarsi ai dibattiti televisivi tra esperti e politici. È qui che comincia a insinuarsi la «disinformàzia» di tradizione sovietica, perché i tecnici vengono sopraffatti dalla dialettica di abilissimi politici che, con il metodo del «dialogo», ben presto avranno il sopravvento. Segue la cosiddetta «neutralizzazione» della vittima, che dopo qualche giorno non desta più nemmeno pietà. Normalmente dopo alcuni giorni è già possibile arrivare alla sua «colpevolizzazione» — nel caso del presidente Berlusconi qualcuno non ha perso tempo e lo ha fatto subito — mentre i veri criminali vengono subdolamente sospesi in una specie di limbo o pietosamente presentati in modo da destare compassione. E avanti così, fino alla rimozione del crimine e alla finale inversione delle parti. Se esaminiamo i fatti ai tempi delle Brigate Rosse, o da al-Qaeda al povero Quattrocchi, dalla vicenda palestinese all'Eta spagnola, dall'Iraq agli insurgents afghani che sparano contro gli «okkupanti», ci accorgiamo che la tecnica è sempre la stessa. Mistificazione prima, rimozione poi. La deontologia professionale è fuori discussione, ma non sempre e non in tutti i casi va data per scontata. Non è male se ci riflettiamo solo un po', cercando di comprendere i problemi, la relatività e le possibilità di lotta politica offerta dal mondo dei media. Non sarà questo, lo ripetiamo, il caso di Tartaglia. Ma a pensar male qualche volta ci si coglie.

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