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Tremonti e Schifani: "Collaboriamo" D'Alema: "Il Pd si metta in gioco"

D'Alema e Tremonti

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All'indomani dell'uscita di D'Alema sulle riforme, i più stretti collaboratori di Bersani avevano detto al segretario del Pd che la strada del dialogo per le riforme non può che passare per Tremonti. Ovvero che il ministro dell'Economia è il punto di snodo per un'apertura al Pdl giacchè significherebbe un dialogo ad ampio spettro su riforme che non si esauriscono alla sola giustizia. Così quando ieri sul Corriere della Sera è apparsa l'intervista di Tremonti che tende la mano all'opposizione dicendosi pronto al dialogo sulle riforme istituzionali «da fare in Parlamento o, in alternativa, con l'elezione di un corpus politico ad hoc», dentro il Pd i fautori della linea dell'apertura hanno tirato un sospiro di sollievo. Anche perchè il ministro ha fatto capire chiaramente che le sue parole erano ampiamente concordate con Berlusconi. E che la disponibilità di Tremonti sia stata apprezzata è stato dimostrato dalla risposta immediata che D'Alema ha dato dai microfoni del Tg2. Il ministro dell'Economia ha lanciato una sorta di ultima chiamata all'opposizione. Ha messo in guardia dal rischio che «se la politica continua a divorare se stessa nella lotta, convinta di fare il proprio interesse, in realtà finisce per essere la prima vittima». Di qui la necessità di riforme condivise perchè «abbiamo un sistema politico che da un lato è vecchio e poco efficiente, dall'altro tende ad autodistruggersi». Tremonti lascia intendere che è Berlusconi a chiederlo. «In questi mesi - racconta il ministro - ho riflettuto a lungo con il presidente del Consiglio sulle riforme istituzionali. Abbiamo parlato di Bicamerale, del Titolo Quinto, del federalismo, della Bozza Violante. Un impegno costituente comune avrebbe un effetto naturale di pacificazione». Poi indica la strada da seguire: «riprendere nella lettera e nello spirito la Bozza Violante sarebbe il modo migliore per continuare il cammino». E traccia anche i confini riformatori: occorre «un sistema che esprima sfavore per la speculazione finanziaria e per la distruzione ambientale, e favore per la famiglia con i bambini, il lavoro, la ricerca e l'ambiente. Questo era il sogno fatto nel '94 con Silvio Berlusconi». A stretto giro è arrivata la risposta positiva di D'Alema. «Il paese ha bisogno di riforme sociali, penso al tema degli ammortizzatori sociali e della protezione per chi non ha lavoro. Ha bisogno di riforme delle istituzioni, riduzione del numero dei parlamentari, un parlamento più forte, più agile. Ha bisogno di riforme in tanti campi. La maggioranza non è in grado di farle - dice D'Alema - e l'opposizione ha il dovere di mettersi in gioco. Come ha detto Bersani: non siamo disponibili a fare leggine a favore di Berlusconi ma siamo pronti a lanciare la sfida del dialogo e delle riforme». Questa apertura è stata subito rilanciata. Il presidente del Senato Renato Schifani parla di «segnali incoraggianti da parte dell'opposizione che vanno sostenuti e portati avanti». Il capogruppo alla Camera del Pdl Fabrizio Cicchitto ribadisce che «il Parlamento e le commissioni parlamentari» sono le sedi più adatte per il confronto riformatore. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti sottolinea che sono i cittadini a richiedere le riforme e quindi non si può più tergiversare. Ma a sinistra Di Pietro torna a alzare i toni («Nessun dialogo con chi fa leggi ad personam») e fa capire al Pd che dovrà vedersela con lui.

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