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Fermiamo l'istantanea della giornata milanese prima dello scatenamento folle della violenza che ha colpito Silvio Berlusconi.

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SilvioBerlusconi ha tenuto un discorso prudente. Le ansie e le aspettative quasi escatologiche che avevano messo in conto la possibilità del comizio di inaugurazione di un “nuovo predellino”, del pronunciamento di una nuova fase del Popolo della Libertà e del governo, in buona sostanza, sono state ridimensionate. Sarebbe stato applaudito e osannato, un Cavaliere rivoluzionario, barricadiero e duro con i presunti “ingrati”, ma ha scelto un altro profilo. Anche la lunghezza del discorso, i trenta minuti dedicati ai sostenitori lombardi del PdL, ha avuto più la connotazione del lungo saluto di auguri che quella di una discorso di fondazione o ri-fondazione di un'identità politica, che richiede ore, ragionamenti, appello alle passioni profonde, individuazione di una strategia politica che individui precisamente obiettivi e tappe dell'azione. Il premier, anziché sfracellare la logica della buona creanza politica in qualche acrobatico appello all'amore verso la maggioranza e al risentimento verso il resto del mondo politico e istituzionale, ha ricapitolato in forma più sobria i contenuti delle sue prese di posizione delle ultime settimane. Avendo trascorso giorni non facili nel dominio della sua vita privata, in quella di cittadino e in quella di leader politico, si tratta di una conclusione non scontata. Di meglio, anche per chi ha guardato con una certa preoccupazione alla possibilità della formalizzazione di rotture esplicite nel centrodestra, forse non si poteva pretendere. Berlusconi non ha sancito rotture, non ha calcato i toni, nemmeno ha seguito la linea di violenta delegittimazione operata da alcuni giornali contro Gianfranco Fini. Il resto è una ricapitolazione di complimenti, nel consueto stile berlusconiano. Il governo sta facendo bene, ha detto il premier. La maggioranza tiene ed è salda. Il PdL è un partito che deciderà secondo il metodo democratico candidature e posizioni politiche: a questo proposito è certo facile far presente che il Cavaliere ha in mano il pacchetto maggioritario del PdL, compresi gli organi eletti al congresso di quest'anno, e pertanto è facile sfoggiare pose democratiche nella certezza di un'assemblea che ratificherà la sua volontà politica, ma è anche vero che l'istituzionalizzazione di un confronto interno tra una possibile maggioranza e una possibile minoranza è l'unico strumento valido per internalizzare e non esternalizzare i conflitti che ultimamente sono scoppiati nel centrodestra. Berlusconi ha tessuto le lodi di sé e del suo esecutivo, certamente, ma non ha fatto appello al popolo, o meglio al suo popolo, per cercare preventivamente la legittimazione allo scontro istituzionale contro Napolitano o la Consulta. Se Berlusconi, come sostiene qualcuno, si prepara a varare una grande riforma (non è la prima volta che si adombra questa possibilità, finora rimasta virtuale), non ha interesse a esasperare le contrapposizioni dell'ultimo periodo, sia perché ha bisogno dei numeri in Parlamento per l'attività legislativa ordinaria e straordinaria, sia perché un clima di scontro può essere un acceleratore della volontà riformatrice berlusconiana ma la tessitura di un nuovo clima di collaborazione è condizione del suo buon esito, come insegna il passato. Tra l'altro, il vincolo esterno delle regionali non permette di muovere troppi scossoni nel centrodestra. Se questo è sintomo di un possibile nuovo clima nel PdL, lo vedremo presto.

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