Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

Dopo lo scontro, prove di dialogo

Fini, Berlusconi e Schifani

  • a
  • a
  • a

È scoppiato il dialogo. Fini chiama Berlusconi, i due parlano al telefono dopo giorni. E scherzano pure. Al Senato maggioranza e opposizione si mettono d'accordo per dedicare un'intera seduta alle riforme istituzionali e magari verificare se ci sono le condizioni per votare assieme una mozione bipartisan. Il clima politico all'improvviso sembra essere cambiato. Meno scontri, ci si parla in maniera civile. Si guardano i problemi. È bastato che Silvio Berlusconi mettesse a tacere le voci sul voto anticipato e spiegasse chiaro e tondo che intende andare avanti. È bastato ribadire questo concetto perché la politica mutasse anche atteggiamento. Accade tutto intorno all'ora di pranzo. Fini ha appena finito di pranzare con l'ex premier spagnolo Jose Maria Aznar a Montecitorio per siglare un'intesa tra le due rispettive fondazioni. Poi si trasferiscono a Palazzo Marini per un convegno. Il presidente della Camera chiede di parlare con il presidente del Consiglio che però è in volo verso Bruxelles, viene raggunto sull'aereo. Tra i due appena qualche convenevole e poi Fini gli passa Aznar. Quel che conta è che si sono parlati, il ghiaccio è rotto dopo i dissidi di questi giorni. Negli stessi minuti, in un altro palazzo della politica, quello del Senato va in onda un altro film d'amore. Stavolta tra maggioranza e opposizione, che si mettono d'accordo per dedicare la seduta del 2 dicembre al dibattito sulle riforme. La data non è a caso, visto che tre giorni dopo l'Italia dei Valori scenderà in piazza per un giorno di «sano» antiberlusconismo. Canta vittoria anche Anna Finocchiaro, la capogruppo del Pd: «Abbiamo calendarizzato una mozione su quelle riforme, di cui si è discusso più volte tra maggioranza e opposizione e su cui spesso si è convenuto, che potrebbe essere firmata da tutti i gruppi». Più tardi Pier Luigi Bersani benedice: «C'è un impulso del Pd sul tema delle riforme vere che mostra di dare qualche frutto». Stempera gli entusiasmo il capogruppo del Pdl Maurizio Gasparri: «Non sopravvaluterei. In realtà tutto parte da un errore del Pd che abbiamo corretto». L'errore a cui si riferisce l'ex ministro è nel fatto che l'opposizione ha diritto a far discutere, in alcuni periodi, delle sue proposte. E aveva avanzato la richiesta di mettere all'ordine del giorno le riforme istituzionali. In pratica la bozza Violante che prevede la riduzione del numero dei parlamentari, Senato delle Regioni, fine del bicameralismo perfetto. Bozza che è stata approvata, alla fine della scorsa legislatura, da una maggioranza quasi unanime nella commissione Affari costituzionali della Camera. Dunque anche il Pdl potrebbe essere d'accordo. Media il presidente del Senato, Renato Schifani, che ha riconquistato la scena (e non a caso lunedì si recherà al Quirinale proprio per parlare del lavoro nelle commissioni e di riforme). La seconda carica dello Stato lavora dunque perché non si perda quest'occasione e chiede al Pd di ritirare il testo e di ripresentarlo sotto forma di mozione che inviti la Commissione Affari costituzionali del Senato a procedere stilando una agenda di priorità. L'obiettivo è quello di arrivarci con un testo condiviso. Ma anche su questo Gasparri smorza: «E chi è contro le riforme? È come dire di scrivere in un ordine del giorno che si vuole combatterela crisi, tutti siamo d'accordo». Insomma, la strada del dialogo è lunga e tortuosa. Di sicuro ha aiutato anche l'appoggio che il governo Berlusconi, non senza difficoltà interne, ha dato a Massimo D'Alema per la carica di ministro degli Esteri della Ue. Ora anche la strada per la riforma della giustizia diventa più facile. Nel Pdl si scommette che il disegno di legge sul processo breve sarà approvato entro Natale, e sarà depurato di alcuni punti che sono a rischio di incostituzionalità. E con il nuovo anno è assai probabile che parta un processo complessivo per le riforme costituzionali. A cominciare dalla giustizia.

Dai blog