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I finiani sbottano: "Non siamo i guastatori"

Gianfranco Fini

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All'inizio erano un gruppo ristretto. Poi si sono allargati, loro malgrado, inglobando tutti coloro che, in un modo o nell'altro cercano di «dire» qualcosa nel Pdl. Sono i «finiani» ormai categoria più dello spirito che entità concreta. L'ultimo che si è ritrovato appiccicata addosso l'etichetta, perché ha presentato un emendamento sul testo del testamento biologico in discussione in commissione alla Camera che non «sposa» il testo approvato al Senato, è Benedetto Della Vedova. Cioè un ex radicale approdato in Forza Italia. Cioè uno che non ha proprio una storia che combacia con quella del presidente della Camera e dei suoi «fedelissimi». Lui la prende con un certo distacco: «Mi stupisco perché Berlusconi su questo tema ha sempre detto di lasciare libertà di coscienza. E poi io credo che nel Pdl sia utile avere posizioni diverse perché il nostro è un elettorato molto articolato. Fini? Sono ben felice che su un argomento del genere ci sia una consonanza con Fini». Chi invece inizia a stancarsi di questo continuo sentirsi addosso l'etichetta di «guastatori» sono proprio loro, quelli identificati come «finiani». Alla Camera Fabio Granata, Carmelo Briguglio, Giulia Bongiorno, Italo Bocchino, Flavia Perina, Donato Lamorte, Silvano Moffa. In un momento delicato come questo, in cui il rapporto tra Fini e Berlusconi non ha certo bisogno di ulteriori scossoni, non ci stanno a essere additati dai «falchi» come coloro che puntano allo sconquasso del Pdl. «Noi non spacchiamo proprio nulla — spiega Silvano Moffa — In un partito ci possono essere delle divergenze ma poi compito della politica è proprio quello di trovare una sintesi. Lo sa quanti emendamenti sono stati presentati al testo sul biotestamento? Du-e-mi-la. Però i rompiscatole siamo solo noi». «Ormai siamo al terrorismo puro — sbotta — Se viene un collega e ti fa firmare una proposta sei diventato automaticamente contro Berlusconi e un alleato di Fini. Per carità, nulla di male, figuriamoci se mi dispiace. Ma io vengo da Rauti, io e Gianfranco non eravamo proprio dalla stessa parte...». Al Senato la storia dei dissidenti finiani affonda la radici da un gruppo di senatori che si è riunito all'inizio di ottobre per chiedere che nel Pdl si lavorasse con maggiore collegialità. Che ci fosse un cambio di passo. C'erano Andrea Augello, Mario Baldassarri, Pasquale Viespoli, Cesare Cursi, Maria Ida Germontani, Laura Allegrini. Tutti ex An. Ma anche gli ex Forza Italia Giuseppe Saro, Enrico Musso, Massimo Baldini e Sergio Vetrella. Più o meno lo stesso gruppo che venerdì al Senato ha mandato un «avvertimento» a Giulio Tremonti perché accolga i suggerimenti dei parlamentari sulla Finanziaria. Ed è di nuovo scattato al riferimento ai «finiani». «Io in realtà sono un "neotatarelliano" — sorride Andrea Augello — Nel senso che nel gruppo mi sforzo di ricucire tra le due posizioni, quella di Fini e qualla di Berlusconi. In questo momento non c'è bisogno di chi urla più forte ma di chi dialoga. E questo non si fa sbattendo i tacchi ma prendendosi le proprie responsabilità. E anche qualche rischio. Questo è un partito dove si discute e si dibatte. Tanto è vero che tra di noi ci sono ex Forza Italia ed ex An».  

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