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Una sprovvedutezza giacobina per eliminare Cristo dalla vita reale

Un'aula di una scuola di Pontedera in cui affisso un crocifisso

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Il primo ricorso della Signora Lautsi comincia nel 2002, una mamma finlandese che educa i propri figli al più rigido ateismo e non vuole che nelle aule di Abano Terme si trovi affisso il crocifisso. Ricorso al Tar del Veneto che affermava il «patrimonio comune» cui si riferisce il crocifisso nelle aule scolastiche ma anche, spingendosi più in là la propria incompetenza a decidere. Dal Tar del Veneto alla Corte Costituzionale (2004), i cui giudici hanno stabilito di non avere la giurisdizione sul caso. Il fascicolo è quindi tornato al Tribunale amministrativo regionale del Veneto, che il 17 marzo del 2005 non ha accolto il ricorso della Lautsi, sostenendo che «il crocifisso è il simbolo della storia e della cultura italiana», e di conseguenza dell'«identità del Paese», ed è il simbolo dei principi di eguaglianza, libertà e tolleranza e del secolarismo dello Stato. Nel febbraio del 2006, il Consiglio di Stato ha confermato questa posizione: «Il crocifisso è elevato fondamento dei valori civili» (tolleranza, rispetto reciproco, valorizzazione della persona, affermazione dei suoi diritti, etc...) che hanno un'origine religiosa, ma «che sono poi i valori che delineano la laicità nell'attuale ordinamento dello Stato». Il crocifisso rappresenta «valori civilmente rilevanti» se esposto, come nelle aule scolastiche, in luoghi non religiosi. Dunque la posizione dei giudici italiani è univoca e consolidata, và ben al di là della seppur ovvia natura concordataria del nostro Stato, che stranamente non è stata nemmeno sfiorata dalla sentenza di Strasburgo. Tra i giudici europei siede un tale Vladimiro Zagrebelsky, italiano e «fratello d'arte», che ha contribuito alla scrittura di una sentenza apertamente contraria a ogni giudizio italiano, alla storia religiosa e culturale ma anche alla laicità del nostro Stato. Oltre alla «spalla» del giudice italiano, la Signora Lautsi ha trovato quella degli ateisti italiani, la fantomatica Uarr, di cui fanno parte taluni cosiddetti scienziati e uomini di cultura laica, i più ospitati nei programmi Rai. Rimane da sottolineare la incredibile fonte di sprovvedutezza della sentenza, sia sotto il profilo giurisdizionale, sia sotto quello della semplice applicazione del principio di sussidiarietà. Ancor più, dall'Europa ci viene la conferma della presenza di una tentazione «totalitaria ateistica», cristianofobica.   Infatti le conseguenze della sentenza, giustamente appellata dal Governo, sono drammatiche e paradossali, la Corte deve tutelare i diritti umani e le libertà di tutti ma con questa sentenza vorrebbe imporre la propria idea di laicità giacobina, ricacciando la sfera religiosa esclusivamente nella sfera privata. Non solo, paradosso delle contraddizioni, con l'affermare la libertà per tutti, in realtà eleva ad unico dio l'ateismo. Pur di eliminare Cristo dalla vita reale, si riabilita tutto, anche il peggior totalitarismo giacobino. La Corte di Strasburgo non è nata per emettere queste sentenze sovietiche, siamo sicuri che sia ancora utile un'Europa così?  

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