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Il vuoto della politica riempito da scandalismo a buon mercato

Piero Marrazzo

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Bagattelle per un massacro. Ritorna alla mente il celebre titolo di Cèline. Ma il massacro con cui abbiamo a che fare non si esercita attorno a cose di poco conto, bagattelle, appunto, a cui la politica e certo giornalismo hanno ridotto la vita, la libertà, la dignità di esseri umani: niente di più che insignificanti elementi da colpire ben al di là delle ragioni e dei torti degli stessi. S i scava e diride; si riempiono le pagine di particolari pruriginosi ancorché insignificanti e ci si lascia andare nei conciliaboli al sarcasmo più volgare; si fanno a pezzi nei palazzi del potere e nelle redazioni dei giornali piccole e grandi reputazioni. La cifra del nostro tempo è l'immoralismo, praticato dai viziosi e da coloro che lo scrutano e ne fanno un uso improprio. Flaubert impallidirebbe. E quello «sporcaccione» di Bukowski, tra una sbronza e l'altra, lancerebbe il suo urlo indignato. E sì, perché un conto è «dare le notizie» e commentarle, un altro è accanirsi sulle stesse e sminuzzarle fino a farne la trama di un fotoromanzo sgradevole dalle tinte livide. Scontiamo con lo scandalismo a buon mercato il vuoto della politica riempito da brandelli di vicende private che diventano sempre di più pubbliche e vengono utilizzate nella guerra tra i poteri. Le teste, insomma, devono cadere nell'opera totale di delegittimazione che segna la nuova frontiera della comunicazione al servizio delle fazioni. Poco importa che dietro quelle teste ci siano dolori, disperazioni che coinvolgono non soltanto gli attori principali ma anche innocenti deuteragonisti, laceranti drammi di intere comunità. Con questo non si vuol dire che un «caso» come quello che avuto a protagonista Piero Marrazzo non debba avere il giusto rilevo sui giornali e nella discussione pubblica: la caratura politica del personaggio lo impone. Ma ci domandiamo anche che senso ha sviluppare quotidianamente ulteriori congetture, rimestare nella melma di un mondo malsano, ampliare il filone della ricerca fino a farlo diventare una voragine nella quale si confondono vizi privati ed estese perversioni? Non si è già detto tutto quel che c'era da dire sulla questione almeno fino ad altre risultanze investigative che con sobrietà dovrebbero poi essere date e commentate? Ci si può accanire su una persona, sul suo entourage, sulle sue amicizie e frequentazioni fino a spingersi nell'intimità di soggetti che con la vicenda non c'entrano niente? Se perfino la scelta dell'ex-governatore di ritirarsi in un cenobio monastico per provare a ritrovare se stesso diventa fonte di irrisione, vuol dire che la pietà è un sentimento riposto ormai negli armadi dei custodi di un'umanità che è bene non esibire più. Laddove non c'è comprensione, dopo la condanna, è inutile aspettarsi il perdono o la riabilitazione. Del resto, se anche un gesto di attenzione, più che istituzionale semplicemente gentile, come quello del presidente del Consiglio che ha avvertito Marrazzo della catastrofe che stava per scoppiargli tra le mani, viene declinato quale atto di arroganza politica da certi ortopedici dell'anima e censori da boudoir, perfino adombrando una sorta di sottile ricatto nei confronti del malcapitato, vuol dire che si è passato il segno. Il confine della convivenza civile, insomma, è stato abrogato. Non ci resta, perciò, che il massacro. Ed il timore che ad ognuno di noi possa capitare di vedersi gettato in pasto ai lupi.

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