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L'Anm ringalluzzisce e riattacca il premier

Il Comitato di Coordinamento fra le magistrature contro il ddl sul processo breve

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«Descrivere i palazzi di giustizia come sezioni di partito, frequentate da magistrati militanti» significa usare «infondate e ridicole definizioni» che non merita «nessun ufficio giudiziario, tantomeno quello di Milano». L'Associazione nazionale magistrati replica con durezza al presidente del Consiglio che due sere fa in un intervento telefonico a Ballarò ha bollato come «comunisti» i giudici e i pm di Milano, definendo questa la vera «anomalia» italiana. Un nuovo scontro che arriva proprio alla vigilia della protesta dei magistrati, che oggi per iniziativa del sindacato delle toghe, a mezzogiorno e mezzo fermeranno le udienze e si riuniranno in assemblea in tutti i distretti giudiziari per protestare contro riforme ritenute «punitive» e i «continui tentativi di delegittimare e intimidire la giurisdizione nel sul complesso» e le singole toghe, a partire dal caso del giudice civile del lodo Mondadori Raimondo Mesiano, «attaccato violentemente solo per aver fatto il proprio dovere». Le assemblee, come sottolinea lo stesso presidente Luca Palamara - che parteciperà all'appuntamento di Milano, mentre il segretario Giuseppe Cascini sarà a Roma - dovranno dare indicazioni su come proseguire l'agitazione e dunque pronunciarsi anche sull'eventualità di uno sciopero. La replica del sindacato delle toghe al premier arriva nelle prime ore del pomeriggio e è affidata a un lungo documento in cui la giunta ribadisce il proprio «no alle intimidazioni» e l'impegno della magistratura a «continuare a vestire solo la toga e a rispondere solo alla legge. In primis alla Costituzione». Concetti ripresi e amplificati nel manifesto che sarà affisso in tutti gli uffici giudiziari: «In democrazia i magistrati non sono agli ordini del potere politico, la Costituzione non appartiene alla maggioranza , le Istituzioni si confrontano con rispetto reciproco, e non sono accettabili il sistematico insulto, nè l'ostentato disprezzo verso l'altro». Una presa di posizione che viene criticata dalla maggioranza. «Tribunali sezioni di partito? Nessuno lo ha detto», afferma il ministro della Giustizia Angelino Alfano. Mentre Daniele Capezzone parla di «ennesima conferma» della politicizzazione della magistratura e Enrico La Loggia accusa l'Anm di negare l'evidenza. Beatrice Lorenzin sottolinea che «L'Anm fa politica, il Parlamento anche, vediamo chi prevarrà: se la legge, così come sancita dalla nostra Costituzione, o il sindacato dei magistrati. Se questa volta il Parlamento eletto dal popolo sovrano prevarrà facendo le riforme, forse si riuscirà a mettere fine alla guerra bianca civile che dal '94 ci impedisce di tornare ad essere un Paese normale». Incalza Francesco Paolo Sisto: «Il manifesto dell'Anm è caratterizzato da illegittima difesa. Alza le barricate contro pericoli inesistenti offrendo la dimostrazione evidente di una verità di fondo: una politicizzazione disinvolta che, per fortuna, riguarda uno sparuto gruppo di magistrati a fronte di una maggioranza che quotidianamente adempie ai propri doveri in uno splendido, dignitoso anonimato». Dal mondo delle toghe non è solo l'Anm a rispondere al premier. Da Milano il procuratore aggiunto Alfredo Robledo che avviò le indagini sfociate nel processo su presunte irregolarità nell'acquisto di diritti televisivi da parte di Mediaset, dice: «Se tra di noi ci sono toghe rosse è solo per il sangue versato dai nostri colleghi che hanno perso la vita in difesa della legalità e dei valori costituzionali». E non è escluso un intervento del Csm, che potrebbe occuparsi delle ultime esternazioni di Berlusconi nell'ambito della pratica a tutela dei pm di Milano e Palermo, titolari delle nuove indagini sulle stragi mafiose del 1992, e che erano stati accusati dal premier di cospirare contro di lui. Un intervento giudicato «necessario», dal togato di Magistratura democratica Livio Pepino, che critica il premier per la «ripetizione ossessiva di accuse infondate». E sempre da Palazzo dei marescialli il laico di centrosinistra Mauro Volpi parla di «vaneggiamento» di Berlusconi: «Pensare che più di cento magistrati che si sono occupati dei suoi problemi giudiziari siano tutti comunisti è fuori della realtà».

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