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Binetti: "Ma io resto"

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Paola Binetti

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Se ne va, non se ne va. Il dilemma di Paola Binetti, se dilemma esiste, è risolto all'origine: «Per ora resto, il Pd è nato due anni fa ed è rinato domenica scorsa. Diamo tempo al nuovo segretario di muovere i primi passi, poi, vista la direzione presa, decideremo». Lei ha detto che non andrà mai a destra. «Confermo». Cosa intende per destra? «Dio, Patria e famiglia non sono valori di destra, ma di tutti. L'apprezzo come cultura politica che dà centralità alla persona, alla famiglia, ma penso alla destra anche come difesa dei privilegi, di un sistema che garantisce chi già ha». Cosa intende invece per sinistra? «Nella mia professione di neuropsichiatra infantile, mi è capitato spesso di lavorare con colleghi di orientamento ideologico diciamo pure marxista, molto lontano dal mio, ma mi ha sempre colpito quell'attenzione all'apertura, all'inclusione, ai più deboli, lo sforzo di provare a dare un'opportunità a tutti». Lei è entrata in politica a 63 anni, con la Margherita. Quale partito votava prima? «Mai iscritta a un partito, sempre votato la Dc». C'erano molte Dc, a quale guardava? «A quella che guardava a sinistra, che si batteva per la promozione sociale, che garantiva sanità pubblica, casa, diritto allo studio. Ma quando un partito resta al potere troppo a lungo, è fisiologico accanirsi nella difesa del proprio privilegio». Da democristiana, cos'erano per lei i «comunisti»? «Erano "gli altri". In Italia il vero bipolarismo è stato quello tra Dc e Pci. Poi per fortuna non si incontrano le ideologie, ma le persone». Come visse, da semplice cittadina, gli anni di Tangentopoli? «All'inizio come una speranza, che metteva fine a un sistema misto di corruzione e di arroganza del potere. Poi c'è stata una chiara deriva "politica", la netta volontà di sostituire una classe dirigente da parte di una lobby fatta di magistrati, politici, giornalisti». Come giudicò il famoso "discorso di correità" di Craxi in Parlamento - «Non credo che ci sia nessuno, in quest'Aula…» -, sul finanziamento illecito ai partiti? «La chiamata in correo non elimina la responsabilità, specie quella penale, che è sempre personale».  E quando scomparve la Dc? «Guardai con interesse all'esperienza del Partito Popolare, difesa dei valori e della tradizione dell'impegno politico cristiano, cultura della sobrietà ed etica del quotidiano. Serviva. Serve anche oggi". C'è spazio? «Sì. La funzione di un cattolico in politica è di esprimere una contraddizione, essere lievito. La politica senza testimonianza è nulla". Per molti elettori del Pd lei è un "problema" per le sue posizioni sui cosiddetti temi eticamente sensibili. La politica, in questi casi, non dovrebbe lasciare un po' più di spazio alla coscienza personale? «Sono questioni che toccano il nucleo fondamentale del vivere, del sentirsi nel mondo e del mondo. Sono cattolica, penso che la vita sia, sempre e comunque, sacra e indisponibile. Non è giusto dire: io sono il padrone assoluto delle mie decisioni». Una diversa concezione della vita implica anche una diversa etica. Ciò che per lei è un valore, per un altro può essere un incubo. «L'uomo è fatto di relazioni e non può essere mai lasciato solo, nemmeno nei momenti estremi. Una società deve difendere ogni vita, in ogni suo attimo». Come si concilia questa difesa ad oltranza della vita "naturale" per i malati terminali o per gli embrioni, con altri contesti dove sembra valere niente? Penso alle guerre, alle vittime delle armi che magari siamo noi a vendere. «Giustissimo. Sono con Giovanni Paolo II, che ha condannato con forza tutte le guerre, sono contrarissima alla vendita delle mine antiuomo. Ma non vedo contraddizione, semmai coerenza». Le vicende legate al caso Marrazzo, quale riflessione le hanno suggerito? «Sul piano politico, pena. Un Paese non può ficcarsi così morbosamente nel privato di una persona, che è persona prima che politico». E sul piano morale? «Ma insomma..., la Bibbia ci dice che il giusto pecca 70 volte 7. E stiamo parlando del giusto. Conviviamo tutti con le nostre debolezze, la vita è fatta di cadute ma anche di pentimenti, perdoni. Gesù ha detto che la vera vittoria è il perdono. Nessuno, mai, può essere privato della sua dignità di persona. Non vorrei che la tragedia, comprensiva degli errori, che ha colpito l'uomo Marrazzo, finisca nel quesito: chi sarà il prossimo candidato alla Regione Lazio?» Siamo degli onesti fuorilegge, scriveva Ermanno Olmi. «È così, quando ci si sente al di sopra di tutti e sganciati da tutto, il rischio preminente per un politico. Vede, uno dei miei libri preferiti, di quelli letti di recente, è "Il signore degli anelli", stupenda metafora sul senso del potere, sul fascino più o meno perverso che produce sugli uomini e sulla capacità di ciascuno di esercitarlo. L'Anello dai magici poteri non fa che amplificare il desiderio di potere di chi lo indossa, fa sentire invulnerabili ma al tempo stesso annienta chi non lo usa bene. Il potere non è fatto per essere gestito da "uno solo". Mai».

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