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I militari all'attacco: "Incastrati da gente molto in alto"

carabinieri

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Una «cupola» dietro l'estorsione a Piero Marrazzo. Un gruppo di persone che avrebbe voluto «distruggere» il presidente della Regione Lazio. «Siamo vittime di una macchinazione ordita da gente più in alto per mettere nei guai l'esponente del Partito Democratico». Ecco la difesa dei quattro carabinieri della Compagnia Trionfale chiusi dietro le sbarre per aver tentato di estorcere denaro al politico davanti al giudice per le indagini preliminari Sante Spinaci. Una ricostruzione che non ha affatto convinto il gip romano, che ha infatti deciso di convalidare il fermo e di emettere l'ordinanza di custodia cautelare in carcere contro i militari. Non solo. Il giudice ha anche sottolineato, nel provvedimento restrittivo, il pericolo di inquinamento delle prove e di reiterazione del reato. Secondo il gip, dunque, gli arrestati, se non fossero stati bloccati da quest'indagine, avrebbero potuto continuare nella loro attività criminale: le accuse, a seconda delle posizioni processuali, sono violazione di domicilio, interferenza illecita nella vita privata, concussione, rapina, e violazione della legge sugli stupefacenti. I quattro carabinieri, Nicola Testini, Luciano Simeone, Carlo Tagliente e Antonio Tamburrino, hanno quindi respinto qualsiasi accusa, negando di aver anche girato il video «incriminato», quello che riprende il presidente della Regione nell'appartamento sulla Cassia, in via Gradoli, in compagnia di un transessuale di nome Natalie. Proprio quest'ultimo, affermano i militari, proverebbe odio nei loro confronti, come anche altri transessuali ed alcuni tossici della zona.   In sostanza, i carabinieri sostengono di essere anche loro vittime di una macchinazione organizzata da persone «in alto» che avevano intenzione di colpire l'esponente del Pd. E che alla fine hanno fatto finire in cella degli innocenti. Mentre era in corso l'interrogatorio, andato avanti per otto ore, i carabinieri del Ros continuavano a effettuare perquisizioni in alcuni appartamenti della zona, come in via Due Ponti, dove hanno identificato sette transessuali. Gli investigatori erano in cerca anche di sostanza stupefacente: nel video girato lo scorso luglio si vede cocaina sopra un tavolino. Sempre ieri, i due transessuali coinvolti nelle indagini, per ora come persone informate sui fatti, Natalie e Brenda, sono state ascoltate dai carabinieri del Ros, ai quali hanno fornito dichiarazioni spontanee.   I due avrebbero riferito che Marrazzo si recava nell'abitazione anche con l'auto di servizio e che i carabinieri arrestati li conoscevano da tempo tutti i transessuali che abitano o lavorano sulla Cassia. Elemento che dovranno chiarire ora gli inquirenti è se Natalie era o meno a conoscenza dell'irruzione dei militari quando era con il politico. La procura di Roma, per quanto riguarda invece gli assegni che il politico avrebbe consegnato ai carabinieri, sostiene che «la vittima rifiutò di versare denaro contante» ai militari durante l'irruzione nell'abitazione, «ma rilasciò tre assegni dell'importo complessivo di 20 mila euro; peraltro, prima di andare via, due militari lasciarono un numero di cellulare, chiedendo di essere contattati in quanto volevano altri soldi». I tre carabinieri davanti al gip hanno negato di avere «ingenti risorse patrimoniali», come riferito da Max Scarfone ai carabinieri del Ros, il fotografo che sarebbe stato un teste chiave nella vicenda (già coinvolto nel caso Silvio Sircana per avcere scattato le foto all'ex portavoce di Romano Prodi fermo in auto sulla via Salaria accanto a un trans). Anche il video che ritrae il governatore in casa del trans è al centro di accertamenti dei magistrati Giancarlo Capaldo e Rodolfo Sabelli, in quanto non è ancora chiaro chi abbia utilizzato il cellulare per registrare quasi due minuti di filmato. Se cioè abbia girato il video uno dei carabinieri coinvolti, oppure un altro transessuale, Gianguarino Cafasso, deceduto lo scorso settembre. I militari, davanti agli inquirenti, hanno sempre dichiarato che quella registrazione gli sia stata consegnata proprio dal deceduto. Lo stesso Marrazzo ha detto ai carabinieri di non essersi accorto che quel giorno lo stavano riprendendo, ma ha confermato che «il filmato fu realizzato proprio in quell'occasione in cui fu sorpreso dai carabinieri e che quest'ultimi li ha riconosciuti» in alcune fotografie. Nel video, infine, si vedrebbe appunto l'auto blu del presidente della Regione e, ben visibile, anche la targa. Domani, intanto, gli avvocati degli arrestati, i penalisti Marina Lo Faro e Mario Griffo, presenteranno ricoro al Tribunale del Riesame per chiedere la scarcerazione.

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