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Tremonti si lancia sull'Unità d'Italia

Giulio Tremonti

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Giulio Tremonti non si ferma. Anzi. Va avanti. E allarga i suoi interessi, la sua sfera di influenza. Ora tocca all'Unità d'Italia. Per martedì prossimo, l'Aspen Institute, di cui è presidente il ministro dell'Economia, ha organizzato un convegno a porte rigorosamente chiuse come nella tradizione del «pensatorio» bipartisan. L'invito, molto riservato, è stato rivolto a un gruppo ristretto di intellettuali ai quali è stato chiesto di presentare idee e progetti in vista delle celebrazioni che si terranno tra due anni, in occasione dei 150 anni dell'unificazione d'Italia. «Le celebrazioni previste in questa occasione - si legge nell'invito spedito a firma di Tremonti - intendono rafforzare il legame tra gli italiani e i valori fondanti della nostra storia. Obiettivo dell'incontro (di martedì ndr) è esaminare i possibili progetti alla luce della loro valenza culturale, artistica e del coinvolgimento sociale». Poi la lettera contiene una parte più politica. E si legge: «L'analisi storica delle varie anime del Risorgimento; le differenti realtà geografiche; i valori aggreganti che hanno condotto all'unità d'Italia; il patrimonio artistico e culturale da valorizzare o da riscoprire; la musica e la letteratura che hanno caratterizzato il periodo storico sono solo alcuni degli spunti tematici che verranno approfonditi nel corso del dibattito. Particolare attenzione sarà rivolta al ruolo dei moderni media come strumento di divulgazione e di coinvolgimento trasversale tra le generazioni». L'iniziativa della settimana prossima in un certo qual modo si inserisce nel solco dell'incontro, organizzato sempre dall'Aspen, e che si tenne l'8 ottobre, proprio nel day after della decisione della Corte Costituzionale sul lodo Alfano. Quel giorno il convegno era sul «dopo», al punto da destare più di un sospetto tra le file berlusconiane per la singolare coincidenza tra le decisioni della Consulta e l'argomento dell'iniziativa. Un punto però appare chiaro. Tremonti è sempre meno il ministro dell'Economia. O meglio: è sempre meno semplicemente il titolare del dicastero di via XX settembre. Ha dismesso i panni del fiscalista degli imprenditori brianzoli, ha smesso di essere il politico punto di riferimento delle partite Iva del Nord. E non lo si può più considerare soltanto l'ufficiale di collegamento tra Lega e l'allora Forza Italia, tra Bossi e Berlusconi. Ormai è un leader nazionale, a tutto tondo. Con il varo appena la settimana scorsa della Banca del Sud non si può più pensare a lui come un leader nordista. Con l'attacco alle banche ha cominciato anche a parlare un linguaggio non più da addetti ai lavori ma con venature popolari e a tratti anche populiste. E con la rivalutazione del posto fisso non è più nemmeno il liberista senz'anima. È un leader rassicurante di una forza tranquilla. Ora il nuovo passaggio, forse quello che manca al suo profilo, l'unità d'Italia. Tema tanto caro a Gianni Letta.

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