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(...) dovute alla voglia di fare uno scoop, la loro reiterazione, dopo le categoriche smentite del governo italiano fanno pensare a un deliberato attacco al nostro Paese.

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Danotare che in questo caso il dito non viene puntato tanto contro il governo Berlusconi, che pure ha nel quotidiano londinese uno dei suoi critici più acrimoniosi, quanto all'Italia, perché se i pagamenti fossero stati effettivamente effettuati avrebbero dovuto essere disposti, per ragioni di tempo, dal governo Prodi. L'ipotesi più benevola è che alla base di tutto ci sia un (più o meno deliberato) equivoco. Compito dei servizi di tutto il mondo è da un lato raccogliere informazioni sul nemico, dall'altro di facilitare il compito delle truppe sul campo, che in Afghanistan non è solo di combattere i Talebani, ma anche di assistere la popolazione. Che, nel corso di questo lavoro i nostri 007 abbiano anche distribuito dei soldi è abbastanza normale e per nulla riprovevole. Il comandante talebano (l'unico con nome e cognome) e i non meglio identificati alti funzionari afgani citati dal Times sono stati abbastanza vaghi sulla reale destinazione dei soldi per autorizzare questa interpretazione. Quel che è infame è di addossare ai presunti accordi segreti con i Talebani, e al fatto di non averne informato i francesi che hanno rilevato i nostri l'estate scorsa a Sarabi, la responsabilità della morte di dieci loro paracadutisti. Ma, probabilmente, dietro l'attacco del giornale c'è dell'altro. Londra, che avendo le sue truppe impegnate nella regione più calda ha avuto nel solo 2009 84 morti, ha sempre rinfacciato non solo all'Italia, ma anche a Francia, Spagna e Germania i caveat che limitano l'operatività dei loro reparti. Nel momento in cui il governo Brown, nonostante la contrarietà dell'opinione pubblica, ha deciso di inviare in Afghanistan altri 500 soldati, una manovra diversiva può essere considerata utile. Così, dopo la denuncia degli accordi di Sarobi, ieri il Times ci ha rinfacciato anche di avere finanziato e curato un capo ribelle della provincia di Herat poi ucciso dagli americani. La polemica, comunque, sembra inquadrarsi nelle divergenze tra gli alleati sulla tattica da seguire per sconfiggere i Talebani. Gli stessi americani invocano ora metodi più morbidi, intesi a conquistare la fiducia della popolazione e a cercare accordi con i Talebani moderati, quelli che sostengono di non rappresentare una minaccia per l'Occidente. Noi siamo stati i pionieri di questa strategia, che effettivamente può richiedere, occasionalmente, anche il ricorso al danaro. Forse c'è qualcuno che ha interesse a non riconoscerci questo primato e si adopera per infangarlo. Livio Caputo

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