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"I miei clienti non ci cascano Io preferisco Castro a Tremonti"

Giovanni Caporaso

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Chi lo immagina sotto una palma, su una spiaggia dorata, a spostare soldi battendo sui tasti del suo pc tra un mojto e un'oliva bianca, non va troppo lontano dalla realtà. Giovanni Caporaso è il re indiscusso dei paradisi fiscali e da Panama «difende» i suoi clienti dalle sirene di Tremonti, che con il suo scudo fiscale sta seminando scompiglio tra i professionisti della fuga di capitali anche ai tropici. L'anti-Tremonti ostenta sicurezza, ha appena dato alle stampe un instant-book reperibile solo sul web, dal titolo inquivocabile Come pagare zero tasse - I paradisi fiscali nel 2010. Ma quella dell'ex giornalista italiano convertitosi alla finanza off shore sembra quasi la mossa della disperazione per rispondere allo scudo con una cerbottana. Il titolare della Opm Corporation, società che movimenta capitali dall'Italia all'estero, aggiorna di continuo il suo sito internet paradisi fiscali.org e organizza la «resistenza» con un tam tam incessante. Cosa pensa dello scudo fiscale? «Ce lo hanno chiesto molti clienti. Prima di valutare se scudare o no, l'investitore deve tenere conto non solo della penale sul capitale o sul rendimento, ma sui costi reali di liquidare gli investimenti esteri e rimpatriarli. Per esempio, chi possiede un portafoglio di titoli diversificati in paesi extra Eu rischia di entrare con tutti e due i piedi nelle sabbie mobili. Alcuni Hedge Fund non consentono ad esempio il riscatto prima di tre o sei mesi, e alcune polizze assicurative impongono penali molto elevate. I costi di vendita e le penali varie potrebbero causare delle perdite proibitive». Ma lei cosa consiglia ai suoi clienti? «Ogni caso è differente all'altro. Chi ha investito in immobili o pacchetti azionari attraverso società anonime non rischia nessun accertamento. Chi ha fatto l'errore di investire a proprio nome, deve valutare da una parte i rischi di un possibile accertamento e dall'altra i costi per avvalersi dello scudo fiscale». Ma c'è interesse per questo strumento tra i suoi clienti? «Tra i nostri sembra che l'orientamento generale sia per il no». Qual è a suo avviso il confine tra un'attività lecita e una illegale? «Illecita è un'attività criminale. Lecito è cercare di pagare meno tasse, anche perché chi si affaccia al mondo imprenditoriale alle soglie del 2010 e dopo questa grande crisi da cui a fatica si sta uscendo, è necessario essere competitivi. Il giovane italiano che si affaccia al mondo dell'impresa non è colpevole del malgoverno degli ultimi 50 anni e non vedo perché deve pagare dei debiti dello Stato e non vedo perché dovrebbe pagare più tasse di un giovane nato a Cipro». Le si addice il profilo da spy story dell'uomo che da Panama aiuta gli italiani a sottrarsi alle maglie del pesante fisco italiano?  «Faccio solo il mio lavoro e consiglio chi desidera espatriare e pagare meno tasse». Con il libro che ha appena pubblicato lei sfida Tremonti. «No, voglio solo mettere i puntini sulle "i" perché tutta questa pubblicità ha il solo scopo di spaventare gli ignoranti. Prima ci hanno venduto un mondo globalizzato, poi ci chiedono di restare nel "nostro" piccolo mondo per pagare le tasse o addirittura di pagarle come atto patriottico. L'offshore è stato da sempre utilizzato dalle grandi imprese, anche statali o para statali: quello che i governi non vogliono, è che sia uno strumento di pianificazione fiscale anche per i piccoli imprenditori e professionisti». Lei riporterà in Italia dei suoi capitali utilizzando lo scudo? «Certo che no. Sto molto bene dove sto e i miei soldi vivono ancora più tranquilli, lontani da me e dalle mani del fisco. Prima di esportarli ho pagato tutte le tasse e certo non li riporto indietro per continuarle a pagare. Se devo dividere i miei guadagni con qualcuno, preferisco Fidel Castro che mi offre buoni sigari, belle spiagge, gente simpatica e tanto sole, molto di più che nel Bel Paese...»

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