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La freddezza tra Papa Ratzinger e Silvio Berlusconi è il solito polverone alzato dalla sinistra

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«Nonè immaginabile che i rapporti siano logori ed è ancor meno prevedibile che ciò avvenga quando il governo è guidato da un cattolico a tutto tondo come il Cavaliere». Così Gianfranco Rotondi, ministro per l'attuazione del programna sgombra il campo dalle illazioni della sinistra sulla spaccatura tra il governo e il Vaticano confutata, ieri, dall'incontro all'aeroporto di Ciampino tra Benedetto XVI e il premier Berlusconi. Eppure qualche tensione nei mesi scorsi si percepiva? Chiariamo subito un aspetto. L'Italia e il Vaticano sono due stati i cui rapporti sono regolati da un Concordato. Non c'è nulla da aggiungere. La seconda parte della questione è quella della posizione del voto cattolico nei confronti del governo. Sono questioni diverse. Ma collegate... No. Sono distinte. E spiego subito perché. La Democrazia Cristiana non conquistava un voto con l'impegno diretto della Chiesa. Solo nel 1948 ci fu una mobilitazione del Vaticano per il voto cattolico poi più niente. Vero è, invece, che la Dc conquistava la Chiesa con una proposta politica come ha fatto il Pdl. Tutto tranquillo dunque con l'altra sponda del Tevere? I rapporti tra Vaticano e stati sono gli stessi di sempre. Quelli tra il cittadino e cattolico Berlusconi con il Santo Padre vanno separati dalla precedente questione. Come sono? Sono quelli di un cattolico pronto a battersi il petto per sperare nella salvezza. Che Berlusconi sia un cattolico che va a messa e abbia un confessore è verità conosciuta. È stato attaccato duramente dall'opposizione per i suoi comportamenti. Chi attacca Berlusconi dicendo che gli piacciono le donne, come il partito di Repubblica, fa un peccato: quello della presunzione intellettuale e morale. C'è una certa incapacità laicista di capire che tutti siamo peccatori. L'importante è riconoscerlo e continuare sulla via della salvezza. Come si conquista il voto cattolico allora? Il voto cattolico va ai governi che fanno leggi ispirate ai principi cristiani. E dunque? Se non facciamo il quoziente familiare. Se non valorizziamo la famiglia come perno dell'azione politica allora questo sarà elemento di rottura. Quale strategia di governo vede dunque per il futuro? Con il coraggio di imboccare la via stretta del nostro programma. La nostra rivoluzione cristiana deve esse legata al quoziente familiare, all'avvio del buono scuola per la parità scolastica effettiva e alla ricerca di una soluzione per combattere le povertà nel mondo con l'abbattimento del debito dei paesi poveri L'incontro tra Berlusconi e Benedetto XVI è stato fugace. Ne servirà uno più istituzionale? Non ce n'è bisogno. I rapporti istituzionali sono eccellenti e i voti dei cattolici non li rappresenta il Papa.

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