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Una candela alla finestra per scaldare i cuori delle madri

Militari della Folgore portano le bare dei commilitoni caduti

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Oggi, quando nello scenario della Basilica di S. Paolo fuori le Mura, l'Italia, attraverso le sue istituzioni, rende l'onore dovuto ai Caduti di Kabul, noi cittadini prendiamo parte alle esequie esponendo il tricolore come ha proposto il Sindaco Alemanno e - questo è il mio invito - quando scende la sera, accendendo anche una luce o una candela alla finestra di casa. Così, i famigliari dei militari avvertiranno il senso di vicinanza e di solidarietà e la commozione sincera di tutto il Paese. E i nemici della libertà in agguato, che hanno occhi ed orecchie ovunque, anche nelle città italiane che li ospitano, capiranno che la loro violenza non ci ha intimiditi. E soprattutto avranno un segnale forte e chiaro: noi non vogliamo difendere la nostra religione ma siamo decisi a promuovere la nostra tradizione cristiana, i nostri valori e principi, nella consapevolezza che non chineremo mai la testa di fronte all'islamismo e al regime oltranzista assassino. Non si ignora che si ha a che fare spesso con astuti professionisti dell'islam che hanno eretto la dissimulazione alla stregua di un atto di fede, che manipolano le maglie ampie delle libertà e della democrazia per imporre il loro potere che si radica nella rete dei terroristi, anche in Italia dove hanno posto le loro basi. È necessario invece avere il coraggio dare impulso ai valori senza generiche esaltazioni della solidarietà confrontandosi con la complessità dei problemi e la ruvidezza della realtà effettuale. Adesso è il momento di piangere e ricordare i giovani militari caduti. Ma dobbiamo essere grati al presidente Giorgio Napolitano che, con le sue nobili e ferme parole, ha contribuito alla definizione di una linea corretta del Governo sulla missione italiana in Afghanistan, dopo i dubbi e le incaute affermazioni circolate all'indomani della strage di Kabul da parte di settori della maggioranza. Decisioni che riguardano il prestigio dell'Italia, la lotta al terrorismo e la stabilità internazionale non si prendono sulla base dei sondaggi o sull'onda dell'emozione popolare o facendo il verso alle formazioni neocomuniste e ai dipietristi, ma nell'ambito degli organismi internazionali e insieme agli alleati. Non è il momento di abbassare la guardia. Il terrorismo islamico non è sconfitto, ma ormai lancia la sua sfida all'Occidente su scala planetaria, massacrando la popolazione civile con cinismo e crudeltà, infierendo su di essa senza pietà. Purtroppo, tanto in Irak quanto in Afghanistan, l'impegno per la stabilizzazione democratica di quelle aree incontra non poche difficoltà.Anche Barack Obama ha dovuto rendersene conto e continuare la guerra iniziata dall'Amministrazione repubblicana, rafforzando, anzi raddoppiando, la forza e il potenziale del contingente americano in Afghanistan. Da noi si è parlato della necessità di mettere a punto una strategia definita di transizione, finalizzata cioè a rafforzare l'impegno diretto del Governo afgano. Senza rendersi conto del fatto che questo obiettivo può essere raggiunto - come è scritto nel rapporto del nuovo comandante americano della spedizione - soltanto se le truppe di liberazione avranno un più diffuso possesso del territorio. È chiaro ormai che in Afghanistan è in atto una guerra. E le guerre vanno combattute per essere vinte. Con i mezzi e le risorse che sono indispensabili. Con tutti i suoi difetti, questo Parlamento ha la maggioranza bipartisan necessaria a rifinanziare, tra poche settimane, la missione, emarginando le forze che avessero la pretesa di speculare per motivi di calcolo politico sulle tombe dei nostri eroi.

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