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Occidente in difficoltà in una guerra di civiltà

Il presidente Usa Barack Obama

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L'Afghanistan rappresenta sempre più una spina per l'America e per gli altri paesi, Italia inclusa, che hanno laggiù i propri uomini. La guerra cominciò dopo l'11 settembre 2001 poiché era indubbio che Al Qaeda, responsabile dell'attacco alle Torri-gemelle, si annidasse sulle montagne ai confini con il Pakistan. Un anno dopo, però, George W. Bush intraprese con maggiore sforzo militare una seconda guerra in Iraq con meno giustificazioni di quella afgana, guerra che è stata malamente avviata alla conclusione. Dal programma elettorale di Obama risultava chiaro come dovesse essere perseguita quella che dal suo predecessore era stata chiamata la "guerra al terrorismo". Occorreva ritirarsi onorevolmente dall'Iraq ma proseguire più intensamente la campagna d'Afghanistan perché era lì il centro da cui il terrorismo nichilista si irradiava nel mondo occidentale e in quello islamico. In questa linea d'azione, confermata dal presidente in carica, c'era l'idea di eliminare il superfluo che era stato voluto da Bush, ma di mantenere il nucleo dell'offensiva internazionale contro quei gruppi terroristici che destabilizzano l'intero universo musulmano, dall'Indonesia al Marocco, dal Pakistan alla Somalia, con l'obiettivo di instaurare regimi integralisti rivolti contro la modernizzazione occidentale. Nella politica di Obama per l'Afghanistan vi erano tuttavia tre importanti varianti, Accanto all'uso della forza militare occorreva un vero e proprio piano di ricostruzione civile volto a conquistare il sostegno della popolazione. In secondo luogo era opportuno aprire un dialogo con quei "talebani moderati" disposti a intavolare trattative sull'assetto del paese, isolando le frange estreme sì da avere un effetto anche sul Pakistan, importante pedina filo-occidentale in possesso dell'arma nucleare. Infine la guerra in quella regione doveva essere ancor più internazionalizzata con la richiesta ai diverse paesi presenti, tra cui l'Italia, di aumentare l'organico militare e civile, e di impegnarsi nell'ambito della Nato nella prima linea combattente insieme a Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania e Francia. Se la difesa dal terrorismo globale riguardava tutto il mondo, pareva dunque legittimo richiedere che lo sforzo in uomini e armamenti non ricadesse esclusivamente sulle spalle degli Stati Uniti, sempre accusati di volere fare "imperialisticamente" da soli. Finora questa strategia più articolata non è stata attuata, ed è difficile dire se, quando lo sarà, avrà un esito positivo considerando le sconfitte storiche nel paese montagnoso dell'impero britannico e di quello sovietico. La tragedia che ha colpito i nostri soldati è parte di questo più ampio quadro in cui l'Occidente non riesce a trovare i modi per vincere una battaglia di civiltà anche a beneficio del mondo islamico non fondamentalista.  

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