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"Se cade il lodo Alfano governabilità a rischio"

Angelino Alfano e Nicola Mancino

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Se la Corte Costituzionale dovesse bocciare il Lodo Alfano «ci sarebbero danni a funzioni elettive, che non potrebbero essere esercitate con l'impegno dovuto, quando non si arrivi addirittura alle dimissioni. In ogni caso con danni in gran parte irreparabili». È sulla base di questo pericolo in cui potrebbe incorrere il premier Silvio Berlusconi che l'Avvocatura generale dello Stato, per conto della Presidenza del Consiglio, difende la «ratio» della legge che sospende i processi nei confronti delle quattro più alte cariche dello Stato. La memoria di 21 pagine è stata depositata presso la cancelleria della Corte Costituzionale in vista dell'udienza del 6 ottobre. La memoria difensiva, scritta dall'avvocato dello Stato Glauco Nori, difende la «ragionevolezza» del «lodo Alfano» perché in grado di coordinare due interessi: quello «personale dell'imputato a difendersi in giudizio»; e «quello generale, oltre che personale, all'esercizio efficiente delle funzioni pubbliche» svolte dal premier. Se invece la legge («non solo legittima, ma addirittura dovuta») venisse bocciata dai giudici della Consulta, c'è il pericolo che ripeta quanto accadde a Giovanni Leone quando lasciò anzitempo il Quirinale perchè travolto dalle polemiche sullo scandalo Lockheed: «Talvolta — scrive l'avvocato Nori — la sola minaccia di un procedimento penale può costringere alle dimissioni prima che intervenga una sentenza ed anche quando i sospetti diffusi presso la pubblica opinione si sono dimostrati infondati». «L'eccessiva esposizione» del processo sui media unita alla lentezza della giustizia italiana rappresentano un'ulteriore danno all'immagine pubblica del premier. «Sono rari — sottolinea l'avvocato Nori — i processi penali che si concludono dentro il tempo di una legislatura (ancor di più, di un mandato di un Presidente del Consiglio dei ministri); di conseguenza quest'ultimo si trova esposto al rischio di subire per tutta la durata della carica i danni conseguenti». Secondo l'Avvocatura generale dello Stato «il titolare di funzioni di massimo rilievo politico non solo deve avere la serenità sufficiente per il loro esercizio corretto, ma prima di tutto deve essere sottratto ad ogni condizionamento, che possa pregiudicare la stessa continuità dell'esercizio». Il fatto di aver richiamato, senza tuttavia mai esplicitamente citarlo, il presidente Leone, dà modo all'avvocato Nori di sostenere che nel giudicare il «lodo Alfano» i giudici costituzionali devono tener conto non solo di «ipotesi astratte» ma anche della «reale situazione attuale». Fatta di «inefficienze e anomalie». In particolare: «Il modo in cui i processi si svolgono, spesso per difficoltà non rimediabili; la fuga di notizie coperte da segreto, prima che abbiano avuto la loro verifica processuale (non solo le registrazioni telefoniche); la durata dei processi; o rapporti tra uffici giudiziari e media; lo stile giornalistico (senza mettere in dubbio la loro liceità) con il quale processi di un certo genere vengono trattati». In altre parole, i «danni irreparabili» prodotti dalla ripresa dei processi avverrebbero «senza che ci siano intenti persecutori e senza alcuna responsabilità dei magistrati» ma «per la sola disfunzione del sistema per un certo modo in cui oggi operano i media». La conclusione è che il «lodo Alfano» «nella situazione attuale pone al riparo dai danni conseguenti alcune cariche di vertice dello Stato».

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