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Fini ha voglia di litigare ancora un po'

Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini

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Il copione è lo stesso da dieci anni. Si può anche stabilire una data in cui la commedia è stata partorita: nel febbraio del 1999, quando è morto Pinuccio Tatarella. E non è semplice amarcord: l'ex vicepremier queste manfrine non le tollerava e non le ha mai concesse. Da dieci anni il copione è sempre lo stesso. A Fini non piacciono delle cose di Berlusconi. Comincia a scaldarsi, s'inalbera, alza la voce. Berlusconi non ama questi atteggiamenti e quindi puntualmente prima ignora e poi minimizza pubblicamente. Fare finta di nulla mandare fuori dai gangheri Fini che dà segni di esasperazione. Berlusconi lo viene a sapere, alza il telefono, lo chiama, gli fa mille complimenti, gli dice tutte le cose che sa che a Fini fa piacere ascoltare e lo invita a vedersi per un chiarimento a breve. Fini mette giù la cornetta e puntualmente dice: «Stavolta non finirà a tarallucci e vino». Tranquilli, finirà a tarallucci e vino. Perché irrimediabilmente sarà così. Inevitabilmente. Inesorabilmente. Succede ogni volta così. Non possediamo la registrazione della telefonata che è intercorsa ieri pomeriggio tra il presidente del Consiglio e il presidente della Camera ma non v'è motivo che anche stavolta sulla scena non venga replicato lo stesso copione. Stancamente, noiosamente, come le repliche dei musical di Londra che possono durare anche tutte le sere per un buon mezzo secolo. La sintesi della giornata è molto semplice: Gianfranco Fini vuole litigare un altro po'. Poco. Un pochino. Qualche ora, insomma. Il punto più alto dello scontro l'ha già raggiunto. L'apice è toccato. Ora inizia la parabola discendente. Solo non vuole darla vinta al Cavaliere. Non vuole far vedere che è bastata una telefonata per mettere tutto a posto. Cambiano i ruoli e le posizioni ma alla fine la sostanza è sempre quella. E in quest'occasione c'è una ragione in più perché tutto finisca in una bolla di sapone: il Pdl non è stata esattamente la fusione tra Forza Italia e An. È stato Fini a dire che voleva il partito unico (lo chiese due anni fa sul palco di Atreju dove ieri Berlusconi è salito da solo), poi affermò che Berlusconi non poteva pensare a un'annessione, e che dopo piazza San Babila era arrivato alle comiche finali. Poi, dopo essersi gloriato di aver menato come un fabbro, s'è pappato un po' di tarallucci e vino ed è salito sul predellino di Berlusconi. E ci ha portato tutta An. Di corsa. Non solo. Ma dopo, avendo a disposizione tutte le strade possibili e immaginabili, ha preferito quella di uscire dal campo del governo e andarsi a sedere nella panchina istituzionale della presidenza di Montecitorio. Ogni tanto ci soffre e sbatte i piedi, purtroppo però i reingressi non sono ammessi a meno che non si inizi un nuovo match. Di che si lamenta Fini? Intanto si sente escluso e avverte che qualcuno vuole metterlo ai margini. Si lamenta che nel Pdl non si può discutere, non ci sono luoghi del dibattito, non ci sono regole.   Non è ammesso il fuori coro. Il presidente della Camera è convinto che basti dissentire dal capo, anzi dal Capo, che si viene aggrediti dai suoi scherani. E non ha tutti i torti. D'altro canto era la stessa identica critica che gli facevano Storace, la Mussolini, la Santanché e tutti coloro che si sono trovati a prendere posizioni critiche all'interno di An quando egli ne era la guida. Berlusconi però stavolta, specialmente questa volta, non può eludere gli argomenti finiani perché non può consentire neanche il fatto che Fini, o chi per lui, abbia soltanto la sensazione di non potersi esprimere in dissenso. E poi perché c'è un altro copione che il premier non può far finta di non vedere: Fini è stato sempre a fianco soprattutto nei momenti di maggiore difficoltà di Silvio. Ha sempre votato le leggi che voleva Berlusconi anche quando parte del suo elettorato le ritenevano uno schifo. Il premier adesso rimette l'elmetto. L'autunno che lo attende sarà di guerra vera. Sul fronte giudiziario. La crisi farà sentire i suoi colpi più amari. C'è la ricostruzione da completare. Ieri ad Atreju il premier era visibilmente infastidito. Infastidito da Fini. Non se lo può permettere. È scoccata l'ora del serrare i ranghi.

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