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Chiamarsi Berlinguer a sinistra oggi è un problema

Bianca Berlinguer (foto Pizzi)

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È stato "Il Tempo", lo si dice per i posteri, a segnalare l'inghippo televisivo attorno alla terza rete Rai ponendo ai vertici del Pd una domandina sola, non la fatidica decina che oggi fa tendenza, in forma di appello: sbrigatevi a dare il via libera, nella più pura e tradizionale logica della lottizzazione, alle nomine per Rai3 e il Tg3. Poi, a ruota, la domandina s'è fatta tormentone che è sbucato su altri giornali e si è materializzato nelle dichiarazioni di riti dei vertici democratici e dei membri di minoranza del Cda Rai che per cortesia, ma che scherziamo, mai e poi mai, che volete che c'entri il Pd e magari le primarie del Pd e magari il congresso del Pd, la situazione si sbloccherà in fretta nel più grande rispetto del pluralismo informativo e soprattutto dell'autonomia professionale di giornalisti e dirigenti. Sì, certo, ci mancherebbe. Ci manca invece, eccome, perché ragionando sulla vicenda del Tg3, a voler essere un poco maliziosi storicamente, si sta verificando un curioso caso di cognomicidio nella storia della sinistra. Il quadro politico è questo: il centrosinistra sbanda e arranca e s'affanna alla ricerca di un'identità in decomposizione, e in contemporanea vanno in onda operazioni cinematografiche come Cosmonauta di Susanna Nicchiarelli, pupilla di Nanni Moretti, che promettono lacrimoni e nostalgia. Gli stessi lacrimoni intinti nel liquido in bianco e nero dell'amarcord che anche i postcomunisti, fatta eccezione per Miriam Mafai e pochi altri, fino a poco tempo fa riservavano al solo pronunciare il cognome Berlinguer. Ed era tutto un profluvio di ricordi del dolce Enrico, tema di scuola Venditti, e del Berlinguer che non era in fondo mai stato comunista, tema di scuola veltroniana, e del Berlinguer che aveva capito tutto e lo aveva raccontato a Eugenio Scalfari, e del Berlinguer che toccategli tutto ma non Enrico, e si scatenava un tuffo collettivo nel cuore, nelle adunate, nelle speranze della sinistra austera e moralista, nei pugni chiusi levati al cielo. Ora invece restano solo i pugni che, così pare, Dario Franceschini continua a sbattere sui tavoli delle trattative perché di dare l'ok a Bianca Berlinguer alla direzione del Tg3 non se ne parla neppure. Non che non sia professionale, non sia mai, e noi siamo per il rispetto dell'autonomia e della professionalità dei giornalisti e in particolare di una che nella fossa del Tg s'è fatta le ossa, diranno veltroniani come Giorgio Van Straten. Ma, dobbiamo capirci, Bianca è troppo dalemiana e bersaniana, la Bianca che quando ci pensi, giusto in tema di Moretti e della sua Bianca, viene in mente la sequenza in cui Michele se la prende con una pianta: «Hai troppo sole, poco sole, cos'è che vuoi??... Più acqua, meno acqua??... Perché non parli?!... Rispondi!..». Ecco, il Pd alle prese con le nomine pare come la pianta di Michele, un motore immobile, un pugile suonato, un partito che non sa che pesci pigliare neppure nel mare che gli è più congeniale, quello del circuito culturale e giornalistico. Ma cari democratici, chi volete a rappresentarvi al telegiornale del terzo canale? A sinistra le dinastie hanno sempre dato buoni frutti. Tanti sono andati a fare i giocherelloni dell'estremismo a Lotta Continua, altri hanno preferito farsi seriamente le ossa. E invece oggi il cognome conta, in peggio. La Palombelli Barbara è troppo cognomata, pur professionista di qualità riconosciute, e qualcuno dice che il Cdr farebbe bizze per un'intromissione troppo glamour, e allora Bianca, insomma, glamour non è ma un soldato che si è forgiato alla scuola di un antiberlusconismo poco cialtrone e urlato ma più politico, cerebrale, chirurgico, in questo senso sì, un puro antiberlusconismo di scuola D'Alema. È una giornalista che riscuote apprezzamento anche da chi la vorrebbe frullare alla fine di un'intervista o di una diretta maliziosa o di un titolo letto con ghigno scultoreo, e forse potrebbe mettere ordine nel blasone di una redazione che quando si guarda allo specchio fa come la matrigna di Biancaneve (poi appare il volto di Chicco Mentana e sono guai). Forse. Se glielo lasciano fare, i troppo postberlingueriani.

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